Mar 072016
 

«Mio padre era un semplice mugnaio che viveva poco fuori York. Entrambi i miei genitori morirono quando ero ancora neonata, così venni affidata alle cure di una zia vedova e senza figli che faceva la governante nella casa di campagna di Lord N…, che mi allevò con infinito amore. Non avevo ancora compiuto diciassette anni, come ora non ne ho ancora compiuti diciotto, e già avevo già ricevuto, solo grazie alla mia persona (poiché di fortuna non ne avevo di certo) parecchie proposte di matrimonio, alcune assai vantaggiose. Tuttavia, forse perché la natura non mi aveva ancora resa sensibile alla passione, o forse perché nessuno dei pretendenti aveva suscitato in me la benché minima emozione o curiosità, fino ad allora avevo preservato la mia innocenza nel corpo e nello spirito, mentre i miei timori, non so bene perché, non mi facevano desiderare il matrimonio più della morte. Mia zia, brava donna, assecondava le mie paure, che riteneva dipendessero dalla mia giovane età e che con il tempo sarebbero svanite, e rispondeva a i miei pretendenti per mio conto».

«La famiglia padronale non veniva più alla tenuta da anni, che rimase così interamente affidata alle cure di mia zia e di due domestiche. Avevo dunque a disposizione una grande casa con dei giardini stupendi, che si trovava a circa mezzo miglio dalle altre abitazioni, a eccezione di una villetta diroccata».

«Qui passavo le giornate con serenità, senza che nulla venisse a turbare la mia innocenza, finché un brutto giorno, dopo pranzo, lasciai mia zia a riposare, come avevo già fatto altre volte, certa che non si sarebbe svegliata prima di qualche ora, e mi recai a una specie di vecchia casa di villeggiatura poco distante, portandomi dietro il lavoro. Lì mi sedetti nei pressi di un rivoletto su cui si affacciavano la porta e la finestra del mio rifugio. Ben presto fui colta da un lieve torpore dei sensi e mi appisolai per l’eccessiva calura dell’ora. Un divano di vimini e il mio cesto del lavoro come cuscino erano tutto ciò che avevo a disposizione del mio riposo. Ma poco dopo fui svegliata da rumori che provenivano dall’acqua, così, allarmata, mi alzai per controllare cosa stesse succedendo. Allora vidi il figlio di un gentiluomo che viveva nei paraggi, come appresi in seguito (poiché non lo avevo mai visto prima di allora), che era andato a caccia e, accaldato per l’attività e l’afa di quel giorno, aveva deciso di rinfrescarsi nelle acque limpide del ruscello. Si era tolto gli abiti e si era tuffato nell’acqua, vicino alla sponda dove alcuni alberi inclinati verso l’acqua formavano un piacevole recesso ombroso».

«La prima reazione alla vista del giovane nudo nell’acqua fu naturalmente di sorpresa e paura, e il mio pudore mi avrebbe spinta a fuggire subito, se non mi fossi resa conto che, da qualunque parte mi fossi diretta, sarebbe stato impossibile per me non essere scorta. Non potevo sopportare quel pensiero, tali erano la vergogna e la confusione. Perciò rimasi lì, in attesa che se ne andasse, senza sapere cosa fare, combattuta tra paura e imbarazzo, nonostante fossi certa che dalla mia posizione non avrebbe potuto vedermi e che la porta era chiusa così bene da non poter essere aperta senza il mio consenso».

«Ma ora, lo posso dire per esperienza, le cose che più ci spaventano sono anche quelle che più ci attirano. Infatti non resistetti a lungo all’impulso di rivolgere lo sguardo verso il nuovo paesaggio, e incoraggiata dalla certezza di essere nascosta e al sicuro, un po’ alla volta sollevai lo sguardo verso un oggetto tanto terribile e pericoloso per la mia innocenza virginale come un uomo nudo».

«Mentre gli rivolgevo qualche occhiata fuggevole, quello che mi colpì fu il brillante candore della sua pelle, dove il sole giocava facendola riflettere di luce abbagliante. Il suo volto, per la confusione in cui mi trovavo, non lo potevo distinguere con chiarezza, ma aveva l’aria di essere giovane e fresco. Le vivaci movenze del corpo ben modellato, quando affiorava dall’acqua per nuotare o giocare, mi deliziavano. Per un po’ giacque immobile sul dorso lasciandosi trascinare dalla corrente, mentre una folta chioma di riccioli neri galleggiava dietro la sua testa. Lo scorrere dell’acqua separava il petto dalla pancia bianca, dove sotto non potei fare a meno di notare un ciuffetto di muschio nero dal quale spuntava qualcosa di bianco, tondo e morbido, che si agitava a ogni movimento o alla corrente. Non mi spiegavo il perché, ma quella parte, per una sorta di istinto naturale, catturava tutta la mia attenzione. Non vedendoci niente di così temibile nel suo aspetto, dimenticai da sciocca le mie paure, che mi abbandonarono in favore di nuovi e strani desideri, e intanto mi scioglievo di fronte a quella vista. Il fuoco della natura, rimasto così a lungo sopito, iniziò a divampare, facendomi sentire il mio sesso per la prima volta. Ora aveva cambiato posizione e nuotava prono sulla sua pancia, con colpi di braccia e gambe così perfette da sembrare scolpite, mentre i suoi riccioli galleggiavano lambendogli il collo e le spalle, esaltandone così il candore. Rimasi poi affascinata da quei tondi promontori di carne che spuntavano in fondo alla schiena e terminavano laddove iniziano le cosce, così abbaglianti nel riflesso dell’acqua».

«A quel punto ero talmente scombussolata da quella tempesta di sentimenti, così affascinata da quella vista, che all’improvviso transitai da un’estrema paura a un estremo desiderio che ardeva forte dentro di me, forse attizzato anche dall’intensa calura, tanto che quasi mi sentivo svenire. Non capivo ancora cosa mi mancasse, il mio unico pensiero era che quella creatura così dolce, poiché tale mi appariva quel giovane, mi avrebbe resa felice. Ma poi, all’idea di non poterlo conoscere o di non rivederlo mai più, i miei desideri tramutarono in tormenti. Stavo ancora ammirando quell’oggetto incantevole quando, di colpo, scomparve nell’acqua. Mi ricordai di aver sentito dire che a volte anche i migliori nuotatori posso essere colti da crampi che sono spesso la causa di annegamenti. Immaginando che fosse proprio quello che gli era accaduto, l’inspiegabile affetto che il giovane mi aveva suscitato mi fece dimenticare ogni timore, e mi precipitai alla porta, l’aprii e uscii di corsa verso il ruscello, guidata dalle mie folli paure per la sua sorte e dal desiderio di poterlo salvare, anche se non avevo la più pallida idea di come fare. Ma era possibile che paura e passione ragionassero? Tutto durò solo pochi istanti. Feci in tempo ad arrivare sulla sponda verdeggiante del ruscello, dove, guardando disperatamente e non vedendolo da nessuna parte, la paura e la disperazione mi sopraffecero al punto che svenni. Non so per quanto tempo rimasi in quello stato, certo per parecchio, perché fui svegliata da un dolore terribile e sconosciuto che mi perforava le viscere. Aprii gli occhi e mi trovai incredibilmente proprio tra le braccia del giovane che avrei voluto salvare, il quale, approfittando del mio stato d’incoscienza, si era fatto strada dentro di me. Ero così indebolita dai precedenti conflitti della mente e impietrita per il forte impatto di quella sorpresa che non ebbi la forza di gridare, né di liberarmi dai suoi vigorosi abbracci, e così il giovane si fece valere sfondando l’entrata e trionfando sulla mia verginità, come poté in seguito vedere dai fiotti di sangue che sgorgarono alla sua uscita, trovando così spiegazione per le difficoltà che aveva incontrato nel penetrarmi. Alla vista del sangue e delle condizioni in cui ero (come mi spiegò in seguito), avendo ormai appagato l’indomabile eccesso di passione, non se la sentì di scappare e lasciarmi lì, come avrebbe potuto fare con facilità. Io giacevo ancora in disordine e sanguinante, ammutolita e terrorizzata, tremante come una povera pernice ferita e sul punto di svenire di nuovo. Il giovane gentiluomo s’inginocchiò e mi baciò la mano, e con le lacrime agli occhi mi implorò di perdonarlo dicendomi che avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere per riparare. Nel momento in cui ripresi i sensi, se avessi potuto mi sarei messa a gridare o avrei messo in atto una sanguinosa vendetta, poiché la violenza che avevo subito aveva delle circostanze aggravanti ch’egli ignorava, dato che la mia preoccupazione per la sua vita mi aveva condotta alla rovina».

«Ma come sono mutevoli le passioni umane! Non potevo vedere quell’adorabile criminale, primo oggetto del mio amore e poi del mio odio, in ginocchio mentre inondava la mia mano con le sua lacrime, senza sciogliermi. Era ancora nudo, ma il mio pudore era già stato troppo ferito per scandalizzarmi. In breve, la mia rabbia venne meno molto in fretta, e la marea dell’amore salì con prepotenza dentro di me, al punto che lo perdonai a scapito della mia stessa felicità. I rimproveri che sollevai nei suoi confronti mi uscirono appena mormorati e pacati, i miei occhi lo guardavano con più languore che risentimento, al punto che il giovane poté comprendere che il perdono non era lontano, tuttavia mantenne il suo atteggiamento di prostrazione, finché non gli dissi con chiarezza che lo avevo perdonato. Allora, con evidente timore di offendermi di nuovo, il giovanotto azzardò a baciarmi, e io non rifiutai, né mi lamentai. Tuttavia, alle mie miti proteste per la barbarie del suo comportamento, egli mi spiegò il mistero della mia rovina, se non altro per alleviare il suo senso di colpa agli occhi di un giudice così parziale nei suoi confronti come io ero».

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