Ago 082016
 

Nel frattempo la donna che mi accompagnava si era presa cura del compagno di viaggio di Charles, che mi fu presentato a cena e che ricevetti con estremo riguardo, come avrei fatto con qualsiasi suo amico o conoscente.

Cenammo tutti e quattro spensierati e in un piacevole stato di confusione che non le sarà difficile immaginare. Tutta quell’agitazione mi aveva tolto l’appetito, ma per l’intera durata della cena non mi saziai della vista del mio giovane amore e mi sforzai di essergli d’esempio, poiché pensai che dovesse essere stanco dopo quel lungo viaggio. Difatti mangiò come un viaggiatore, ma mi guardava e si rivolgeva a me con le parole di un tenero amante.

Quando la tavola fu sparecchiata e giunse l’ora del riposo, Charles e io, senza troppe cerimonie, fummo accompagnati in qualità di marito e moglie in un bellissimo appartamento il cui letto, dissero, era il migliore della locanda.

Decenza, perdonami se ancora una volta ho violato le tue leggi e sollevato il sipario, sacrificandoti per l’ultima volta a quella confidenza senza riserve con cui mi sono ripromessa di raccontare gli eventi più importanti della mia giovane vita dissoluta!

Eravamo rimasti soli nella stanza: la vista del letto richiamò il ricordo dei nostri primi gioiosi incontri, e il pensiero che presto lo avrei condiviso con il caro possessore del mio cuore mi commosse così tanto che se non mi fossi appoggiata a lui sarei svenuta per quel dolce turbamento. Charles si accorse della mia confusione e dimenticò la sua per aiutarmi a placarla.

La vera passione si era di nuovo impossessata di me con tutti i suoi sintomi: una dolce sensibilità, una tenera timidezza, i turbamenti d’amore temperati dalla diffidenza e dal pudore, tutto ciò mi sottometteva a un’anima a me molto più cara della libertà del cuore di cui a lungo – troppo a lungo! – ero stata padrona nel corso di quei volgari incontri, la cui consapevolezza ora mi faceva sospirare con confusione e rammarico. Nessuna vera vergine, alla vista di un letto nuziale, sarebbe arrossita per nascondere l’innocenza più di quanto feci io per nascondere il senso di colpa. Amavo così tanto Charles, e sentivo nel profondo di non meritarlo.

Poiché esitavo e rimanevo assorta nei miei pensieri, Charles, impaziente, prese a spogliarmi; rammento solo, tra l’agitazione e lo sconvolgimento dei sensi, alcune esclamazioni lusinghiere, di gioia e ammirazione, soprattutto quando toccò i miei seni, ora liberi dal corsetto, che tremavano e sussultavano tumultuosi mentre lui li toccava, dandogli il piacere di trovarli ben formati e sodi.

Mi fece stendere sul letto e lo attesi languida per un istante, prima che si svestisse e venisse sotto le coperte, che mi abbracciasse dando e prendendo, con un ardore indescrivibile, baci di benvenuto, che il mio cuore, venuto alle labbra, impresse sul suo viso, partecipando alla mia beatitudine con quell’emozione delicata e voluttuosa che solo Charles era capace di suscitare e che costituisce la vera vita, l’essenza del piacere.

Intanto, due candele accese sul comodino e un fuoco vivace facevano luce sul letto, togliendo a uno dei sensi, fondamentale per la nostra gioia, il pretesto di lamentarsi per essere stato escluso in quel momento d’amore. Difatti, solo il poter guardare il mio amato compagno, per l’intensità con cui lo avevo desiderato, era una gioia per cui avrei potuto morire.

L’azione era ormai una necessità per i nostri desideri accesi e Charles, dopo brevi preliminari, tolse la mia biancheria e la sua e posò i meravigliosi tesori del suo petto virile sul mio seno, entrambi battevano nella più tenera agitazione! Quando sentii il suo corpo ardente, nudo sopra il mio, persi la ragione e consegnai le facoltà della mia anima alla più sensibile delle gioie, dovuta non alla presenza di un uomo, ma a quella particolare persona che aveva coinvolto anche il mio cuore, quel cuore rimasto eternamente fedele a Charles e che mai aveva preso parte ai miei sacrifici, ai richiami del mio carattere, della mia accondiscendenza e degli interessi. Ah! Cosa ne fu di me quando i poteri del piacere mi si rafforzarono dentro e non riuscii a fare a meno di sentire quella rigida staffa adornata dei trofei della mia verginità che premeva dura e inflessibile contro una delle mie cosce, che non avevo ancora aperto per pudore, rianimata da una passione troppo sincera per sopportare il peso di un falso merito o la mia impertinente timidezza.

Credo di aver già rimarcato come il contatto con quel particolare simbolo della virilità abbia, per sua vera natura, qualcosa di inimitabilmente commovente, poiché non vi è nulla al mondo di più caro al tatto o che possa destare una sensazione più piacevole. Pensi dunque, come fa un innamorato, quale possa essere il trasporto del più sensibile dei sensi, in quella parte centrale, quando, dopo una lunga privazione, si sente infiammato al tocco di quello scettro che ci governa tutte, in particolare, mia cara, se appartiene al viso che più amiamo sulla terra. E ora, al massimo della rigidità, quello di Charles era così attivo, solido e piacevole che ne fui assoggettata. Non saprei come definire quella sensazione, ma la consapevolezza che appartenesse al mio giovane amato mi turbò piacevolmente e allo stesso modo sconvolse la mia anima, concentrando tutte le mie capacità sensitive nell’organo del piacere dedicato alla sua ricezione, riunite in un unico punto, come i raggi di una lente ustoria che brillano e bruciano di un calore sempre più intenso; le corde del piacere erano così tese che ansimavo in attesa della gioia imminente, il desiderio mi faceva star male e non riuscivo a sopportare la combinazione di due idee distinte che mi distraevano beatamente. Riuscivo solo a pensare che stavo toccando quello che era allo stesso tempo lo strumento del piacere e il sigillo d’amore. Quelle idee, come ruscelli, riversavano un oceano di intossicante felicità su un debole vascello troppo stretto per contenerlo che rimasi sopraffatta, assorbita e perduta in abisso di gioia, mentre morivo di uno smisurato piacere.

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