Set 212019
 

Avevamo appena finito di rimpinzarci coi manicaretti preparati da Gitone, quando sentiamo bussare alla porta con fragore minaccioso.

Chiediamo pieni di paura «Chi è?», e subito da fuori una voce ci risponde: «Apri e lo saprai». Mentre ci scambiamo queste battute, lo scrocco della porta scivola via da solo e i battenti si spalancano, lasciando entrare il nuovo venuto. È una donna con un velo sul viso, la stessa che poco prima era insieme al contadino. «Credevate di avermi presa in giro?» dice. «Sono l’ancella di Quartilla, che poco fa voi avete disturbato mentre celebrava un sacrificio di fronte alla cripta. È venuta di persona qui alla vostra locanda e chiede di potervi parlare. Non spaventatevi: non vuole accusarvi né punirvi per l’errore che avete commesso. Piuttosto muore dalla voglia di sapere quale dio mai abbia condotto dalle sue parti dei giovanotti così a modo».

Mentre noi ce ne stiamo a bocca chiusa senza azzardarci a prendere posizione, lei entra accompagnata da una ragazzina, si siede sul mio letto e attacca a piangere come una fontana. Noi continuiamo a tacere e aspettiamo increduli che la finisca con tutte quelle lacrime che si era preparata per simulare un grande dolore. Quando finalmente quel diluvio da sceneggiata si smorza, la donna si toglie il velo scoprendo un volto indignato e, stropicciandosi le mani fino a far scrocchiare le giunture, dice: «Che razza di sfrontatezza è mai la vostra! E dove avete imparato questi numeri da balordi che superano di gran lunga quelli teatrali? Provo pena per voi, dio solo sa quanto, perché nessuno ha mai assistito a cerimonie di culto proibite passandola liscia. In ogni modo, il nostro territorio è così affollato di numi tutelari, che in giro è più facile trovare un dio che un uomo. Ma non crediate che sia venuta qua per vendicarmi. Mi ha toccato più la vostra giovane età che non l’offesa subita, perché ho l’impressione che sia stata l’imprudenza a farvi commettere un sacrilegio tanto imperdonabile. Quella notte ebbi dei brividi di freddo tanto preoccupanti da farmi temere un attacco di febbre terzana. Così cercai rimedio nel sonno e mi fu ordinato di cercarvi e di smorzare l’assalto della malattia ricorrendo a un ingegnoso espediente. Ma al momento non è il rimedio la mia più grossa preoccupazione: mi spezza il cuore un dolore ben più grande che finirà per togliermi la vita, e cioè la paura che voialtri, giovani e irresponsabili come siete, andiate a raccontare in giro quel che avete visto nel santuario di Priapo, e diate in pasto alla gente i segreti propositi degli dèi. Per questo mi inginocchio davanti a voi con le mani tese, chiedendovi e supplicandovi di non mettere in burla i riti notturni, e di non rivelare segreti tanto antichi, di cui sono venuti a conoscenza sì e no un migliaio di uomini».

Dopo questa implorazione, scoppia di nuovo in lacrime e, scossa da singhiozzi esagerati, affonda il petto e il volto nel mio letto. Commosso e impressionato al contempo, io le dico di farsi coraggio e di stare tranquilla tanto per l’una che per l’altra cosa: nessuno sarebbe andato a raccontare in giro i sacri misteri, e se poi un dio le avesse consigliato qualche altro rimedio per la sua febbre terzana, non avremmo avuto esitazioni a dare una mano alla divina provvidenza, anche a costo di rischiare di persona. Tornata di buon umore dopo la promessa, la donna attacca a sbaciucchiarmi da tutte le parti, e, passando dalle lacrime al riso, mi aggiusta con tocchi languidi i capelli dietro le orecchie e poi dice: «Con voi voglio fare pace e ritiro ogni accusa. Se però non aveste accettato di darmi la medicina che cerco, era già pronta per domani una banda incaricata di vendicare l’offesa fatta alla mia dignità:

Venir disprezzati è infame, perdonare è bello.

Amo seguir la via che mi piace.

Se offeso, anche il saggio chiede ragione,

ma vince davvero chi non taglia la gola all’avversario».

*

Poi, battendo le mani, scoppia in una risata tanto fragorosa che ci spaventiamo. Dal canto loro, si mettono a fare la stessa cosa anche l’ancella che l’aveva preceduta e la ragazzina che era arrivata con lei.

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