Lug 112020
 

Ma lei, battendo forte le mani, mi urlò: «Razza di criminale, e hai anche la faccia tosta di parlare? Tu non ti rendi mica conto di che infamia ti sei macchiato: hai ucciso la gioia di Priapo, un’oca che faceva impazzire tutte le signore. Non credere quindi che sia una cosa da poco, perché se solo lo vengono a sapere i magistrati, finisci dritto sulla croce. Hai profanato col sangue la mia dimora fino a oggi inviolata, e hai fatto in modo che chiunque lo voglia fra i miei nemici possa farmi espellere dal sacerdozio».

*

«Per carità» le dico io, «non gridare: in cambio dell’oca ti farò avere uno struzzo».

*

Mentre me ne sto lì imbambolato a fissarla seduta sul letto che continua a piangere per la morte dell’oca, entra Proseleno con la spesa fatta per il sacrificio e, vedendo l’oca uccisa e domandando le ragioni di tutto quello strazio, scoppia anche lei in calde lacrime e si mette a commiserare la mia sorte, come se avessi ucciso mio padre invece di un’oca qualunque. Alla fine, seccato da quella lagna, dico: «Ditemi un po’, non mi è concesso espiare la colpa tirando fuori qualche soldo?… Manco se vi avessi insultato e mi fossi macchiato di un omicidio! Eccovi qua due belle monete d’oro, che ci potete comprare anche gli dèi insieme alle oche». Appena Enotea vide la grana, disse: «Scusami tanto, ragazzo mio: è per te che mi preoccupo, non lo faccio mica per cattiveria, ma solo perché ti voglio bene. Vedrai, sistemeremo tutto, che nessuno lo venga a sapere. Tu però prega solo gli dèi che ti perdonino per la bella impresa che hai fatto.

Veleggi col vento in poppa chi ha denaro,

e regoli la sorte secondo il suo piacere.

Se in moglie prende Danae, ad Acrisio persino

farà credere quel che Danae ha creduto.

Scriva versi, declami e lo applaudano tutti,

e se cause discute, superi anche Catone.

Se fa il giudice, abbia il “consta” e il “non consta”,

e sia almeno alla pari di Servio e Labeone.

Ne ho già dette abbastanza: coi contanti ciò che vuoi

te lo danno. Ogni scrigno ha dentro il suo Giove».

*

Mi mise in mano una ciotola piena di vino e, dopo avermi pulito con porri e prezzemolo le dita della mano distese in avanti, immerse pregando delle nocciole nel vino. E a seconda che tornassero o meno a galla, lei tirava fuori il pronostico. Ma io capivo benissimo che a galla rimanevano le nocciole vuote e senza midollo (perché dentro non avevano niente), mentre quelle piene e con il frutto intatto andavano giù.

*

Dopo aver squartato l’oca, ne tirò fuori un fegato robustissimo, che le servì per predirmi il futuro. Anzi, per evitare che rimanessero tracce del mio delitto, fece a pezzi tutta la bestia e, dopo averli infilati su spiedi, organizzò una cenetta non male, in onore proprio di quello che, a sentire lei, fino a un attimo prima era a un passo dal patibolo. Nel frattempo fioccavano uno dietro l’altro dei bei bicchieri di vino puro.

*

Enotea tira fuori un fallo di cuoio e, dopo averlo cosparso ben bene di olio, pepe in polvere e semi di ortica tritati, incomincia lentamente a infilarmelo nel didietro.

Un attimo dopo la dannata vecchiaccia mi versa quello stesso intruglio tra le cosce.

*

Poi mescola succo di nasturzio con abrotono e, dopo avermi lavato i genitali con quella mistura, prende un fascio di ortiche verdi e comincia a frustarmi a ritmo lento dall’ombelico in giù.

*

Le due vecchiette, belle che andate com’erano per il vino e la foia, mi si slanciano dietro e, inseguendomi giù per un vicolo, gridavano: «Al ladro! Al ladro!». Per fortuna riuscii a seminarle, non senza però essermi fatto venire le vesciche ai piedi per tutto quel correre a rompicollo.

*

«Criside, che prima ti detestava per la condizione in cui versavi, ora che sei così ha deciso di averti anche a costo della vita».

*

«Ma Arianna e Leda che cosa ebbero di simile a questa bellezza? Che cosa avrebbe potuto, al suo confronto, Elena, che cosa Venere? Perfino Paride, che fece da giudice tra quelle dee infoiate, se nel pieno di quella gara avesse visto i suoi occhi che ammaliano, per lei avrebbe dato Elena e tutte le dee messe insieme. Ah, se mi riuscisse soltanto di strapparle un bacio, di stringere a me quel petto meraviglioso e divino, forse il mio fisico tornerebbe al vigore di un tempo, e risusciterebbe quella parte che mi hanno, credo, addormentato con un maleficio. Le umiliazioni subite non mi tolgono lo slancio: le bastonate che ho preso non me le ricordo neppure, se mi ha cacciato fuori lo ha fatto per scherzo. Se solo potessi rientrare nelle sue grazie!».

*

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