Dic 192016
 

EUGÉNIE (dapprima a Dolmancé): Non vi dico come mi avete convinta! (E poi rivolta a Madame de Saint-Ange:) Ma dimmi, mia buona amica, ti sei mai servita del rimedio di cui mi hai detto per sopprimere il feto?

SAINT-ANGE: Due volte, e sempre col più grande successo; ma devo confessarti che l’ho applicato nei primissimi giorni di gravidanza; conosco due donne che peraltro l’hanno usato a metà gravidanza e mi hanno assicurato che tutto è andato bene lo stesso. Dunque conta pure su di me se occorrerà, mia cara, ma ti esorto a non correre il rischio: è la cosa migliore. Ora seguitiamo con i dettagli lubrichi che abbiamo promesso a questa fanciulla. Proseguite, Dolmancé, siamo arrivati alle fantasie sacrileghe.

DOLMANCÉ: Suppongo ch’Eugénie si sia così ricreduta in fatto di religione da essere intimamente convinta che tutto quanto ridicolizza gli oggetti della pietà degli stolti non possa avere alcuna importanza. Queste fantasie ne hanno tanto poca da entusiasmare in effetti soltanto i giovani, per i quali qualsiasi profanazione diventa un godimento; è una specie di piccola vendetta che eccita l’immaginazione e che può senza dubbio essere anche divertente. Ma sono piaceri che mi pare diventino chiaramente insipidi e freddi quando col tempo ci si istruisce e ci si convince della nullità degli oggetti dei quali gli idoli che ridicolizziamo non sono che la meschina rappresentazione. Profanare reliquie, immagini di santi, l’ostia, il crocifisso, per un filosofo sta sullo stesso piano della degradazione di una statua pagana. Una volta disprezzati certi esecrabili gingilli, bisogna lasciarli perdere e non occuparsene più; è bene solo mantenere l’uso della bestemmia. Non che risponda a qualcosa di reale, perché dal momento che Dio non esiste non servirebbe a nulla insultare il suo nome; ma è che risulta essenziale pronunciare parole forti o laide nell’ebbrezza del piacere e quelle della bestemmia sono di grande aiuto all’immaginazione. Non bisogna risparmiarsi: si devono abbellire le parole con le espressioni più appariscenti perché scandalizzino il più possibile. È bellissimo scandalizzare la gente! È tutto un piccolo trionfo per l’orgoglio che non va assolutamente disprezzato. Ve lo confesso, signore, è una mia segreta voluttà; pochi piaceri morali hanno maggior influenza di questo sulla mia immaginazione. Provate anche voi, Eugénie, e ne vedrete il risultato. Mostrate soprattutto grande empietà quando vi troverete tra le vostre coetanee che vegetano ancora nelle tenebre della superstizione: ostentate dissolutezza e libertinaggio; atteggiatevi a prostituta, e mettete in mostra il petto. Se andate con loro in luoghi nascosti, tiratevi su le gonne con indecenza, fate veder loro con ostentazione le parti più intime del vostro corpo, ed esigete da loro la stessa cosa: seducetele, convincetele mettendo in risalto il ridicolo dei loro pregiudizi; portatele, come suol dirsi, sulla cattiva strada. Bestemmiate davanti a loro come un uomo. Se sono più giovani di voi, prendetele con la forza, divertitevici e corrompetele, con esempi, consigli e tutto quanto, insomma, crederete più adatto alla loro perversione. Inoltre siate estremamente libera con gli uomini; ostentate con loro irreligione e impudenza; lungi dallo spaventarvi delle libertà che si prenderanno, accordategli misteriosamente tutto quel che possa far loro piacere senza compromettervi. Fatevi tastare, masturbateli, fatevi masturbare; arrivate anche a dare il culo; ma poiché il chimerico onore delle donne tiene alle primizie del davanti, mostratevi più difficoltosa sulla concessione di queste. Una volta sposata, prendete dei lacchè e non degli amanti, o pagate qualche giovane sicuro; da quel momento tutto è ricoperto: non c’è nessun rischio per la vostra reputazione e, senza che vi si sia mai potuta sospettare, avrete scoperto l’arte di fare tutto quel che vi è piaciuto.

E proseguiamo con i piaceri della crudeltà, i terzi che ci siamo proposti di analizzare. Questi piaceri oggigiorno sono comunissimi tra gli uomini ed ecco su quali basi essi ne giustificano l’uso. Dicono: «Noi vogliamo essere violentemente scossi, perché questo è il fine di ogni uomo che si abbandoni alla voluttà, e noi vogliamo esserlo con i mezzi più efficaci. Partendo da questo principio, si tratta non di sapere se i nostri procedimenti piaceranno o meno all’oggetto che è al nostro servizio, ma soltanto di scuotere la massa dei nostri nervi con la scossa215 più violenta possibile; ora, non c’è dubbio che, lasciando il dolore un segno più vivo del piacere, le scosse risultanti in noi da questa sensazione prodotta sugli altri saranno essenzialmente di più vigorosa vibrazione, si ripercuoteranno più energicamente in noi, metteranno in una più violenta circolazione gli istinti animali che, localizzandosi sulle basse regioni per quel movimento di regressione loro essenziale, abbracceranno ben presto gli organi della voluttà disponendoli al piacere. Gli effetti del piacere nelle donne sono sempre deludenti; d’altronde è difficilissimo che un uomo laido o vecchio riesca a produrli. Se ci riescono, risultano deboli e le scosse molto meno nervose. Bisogna dunque preferire il dolore, i cui effetti non possono ingannare e le cui vibrazioni sono più attive». Ma si potrebbe obiettare a certi patiti di questa mania, che questo dolore affligge il prossimo; è forse caritatevole fare del male agli altri per far piacere a se stessi? E quei tipi vi rispondono che, abituati nell’azione del piacere a considerare unicamente se stessi e per niente gli altri, sono convinti che è semplicissimo, secondo gl’impulsi della natura, preferire quel che sentono a quel che non sentono affatto. Che c’interessano, osano dire, i dolori provocati al prossimo? Ne risentiamo noi forse? No; al contrario, abbiamo dimostrato che dal loro verificarsi deriva una sensazione deliziosa per noi. A che titolo dunque dovremmo aver cura di un individuo di cui non c’interessa nulla? A che titolo dovremmo evitargli un dolore che non ci costerà mai una lacrima, mentre è certo che da questo dolore nascerà per noi un grande piacere? Abbiamo mai provato un solo impulso della natura che ci consigli di preferire gli altri a noi? E ciascuno a questo mondo non vive per se stesso? Ci parlate di una voce chimerica di questa natura, che dice di non fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi; ma questo assurdo consiglio non è venuto altro che da parte di uomini, e per giunta uomini deboli. L’uomo forte non penserà mai di usare un simile linguaggio. Furono i primi cristiani, quotidianamente perseguitati per il loro sistema imbecille, che gridarono a chi voleva ascoltarli: «Non ci bruciate, non ci scorticate! La natura dice che non bisogna fare agli altri quel che non vorremmo fosse fatto a noi». Imbecilli! Ma la natura, che ci consiglia sempre di procurarci del piacere non imprimendoci nell’animo altro che i medesimi sentimenti e impulsi, come potrebbe mai tutt’a un tratto, con un’incoerenza senza pari assicurarci che non bisogna però pensare a procurarci del piacere se questo può provocare del male ad altri? Ah, crediamoci, Eugénie, crediamoci! La natura, nostra madre universale non ci parla che di noi; nulla è egoista come la sua voce e quel che noi riconosciamo in lei è l’immutabile e santo consiglio che lei ci dà di procurarci del piacere, e a danno di chiunque. Si può obiettare che gli altri potrebbero pure vendicarsi… E sia! avrà ragione solo il più forte! Questo è lo stato primitivo di guerra e di distruzione perpetuo per il quale la mano della natura ci creò e nel quale è conveniente che unicamente si viva.

Ecco, mia cara Eugénie, come ragionano certe persone, e io, con la mia esperienza e gli studi compiuti, aggiungo che la crudeltà, ben lungi dall’essere un vizio, è il primo sentimento che la natura imprime in noi. Il bimbo rompe il suo balocco, morde la mammella della sua nutrice e strozza il suo uccellino, molto tempo prima dell’età della ragione. La crudeltà è connaturata agli animali, nei quali, come mi sembra di aver già detto, le leggi della natura si riscontrano in maniera più decisa che in noi; essa è ben più accostabile alla natura tra i selvaggi che non tra gli uomini civili, e sarebbe dunque assurdo definirla una conseguenza della depravazione. Ripeto: il sistema è sbagliato. La crudeltà è nella natura, e noi nasciamo tutti con una dose di crudeltà che solo l’educazione modifica; ma l’educazione non è nella natura, e nuoce agli affetti sacri della natura tanto quanto la coltura nuoce agli alberi. Raffrontate nei vostri frutteti l’albero abbandonato alle cure della natura con quello di cui la vostra arte s’interessa ma in maniera costruttiva, e vedrete qual è il più bello, riscontrerete quale vi darà i frutti migliori. La crudeltà non è altro che l’energia dell’uomo non ancora corrotta dalla civiltà; dunque è una virtù e non un vizio. Eliminate le vostre leggi, punizioni, usanze, e la crudeltà non avrà più effetti pericolosi poiché non agirà mai senza poter essere subito respinta per le stesse vie. È nello stato della civiltà che è pericolosa, perché l’essere offeso è privo quasi sempre o di forza o di mezzi per respingere l’ingiuria; invece nello stato d’inciviltà, se agisce contro il forte sarà respinta da lui, se agisce contro il debole, facendo del male a un essere che cede a chi è forte per legge di natura, non è minimamente inconveniente.

Non analizzeremo la crudeltà nei piaceri lubrichi degli uomini; vi rendete conto da sola, Eugénie, a quali straordinari eccessi essi debbano portare, e la vostra ardente immaginazione vi farà chiaramente capire che in un’anima tranquilla e stoica non avranno alcun freno. Nerone, Tiberio, Eliogabalo immolavano fanciulli per eccitarsi; il maresciallo de Retz e Charolais, zio del Condé, commisero omicidi nelle loro orge. Il primo sotto interrogatorio confessò che non conosceva voluttà più potente di quella ricavata dal supplizio inflitto dal suo cappellano e da lui su fanciulli dei due sessi: furono ritrovate sette o ottocento vittime in uno dei suoi castelli della Bretagna216. Tutto ciò è concepibile, e ve l’ho dimostrato. La nostra costituzione, i nostri organi, il circolare delle linfe, l’energia degli spiriti animali, sono le cause fisiche che generano, nello stesso tempo, dei Tito o dei Nerone, delle Messalina o delle Chantal217; se non c’è da inorgoglirsi della virtù, neppure è il caso di pentirsi del vizio; come non accusiamo la natura di averci fatto nascere buoni, così non dobbiamo accusarla di averci creati scellerati. Lei ha agito secondo le sue mire, i suoi piani e i suoi bisogni; sottomettiamoci a lei. Dunque io qui esaminerò soltanto la crudeltà delle donne, sempre molto più attiva tra di loro che tra gli uomini, e questo in ragione evidentemente dell’eccessiva sensibilità dei loro organi.

In generale distinguiamo due tipi di crudeltà: uno nasce dalla stupidità che, completamente fuori di ragione e di un metodo, mette l’individuo sullo stesso piano della bestia feroce; si tratta di una crudeltà che non dona alcun piacere, perché chi vi è incline non è suscettibile di alcuna ricercatezza. Le brutalità di un simile individuo sono raramente pericolose: è sempre facile mettersi al riparo da esse. L’altro tipo di crudeltà, frutto dell’estrema sensibilità degli organi, non è conosciuto se non da individui estremamente delicati e gli eccessi a cui esso porta non sono che raffinatezze della loro delicatezza; questa delicatezza, troppo rapidamente smussata a causa della sua eccessiva finezza, per ridestarsi adopera tutte le risorse della crudeltà. Quante poche persone concepiscono queste differenze!… Come del resto ce ne sono anche poche che le provino! Comunque esistono, indiscutibilmente. Ora, è proprio da questo secondo tipo di crudeltà che le donne più spesso sono influenzate. Esaminatele bene: vedrete se non è l’eccesso della loro sensibilità che le ha condotte a ciò; vedrete se non è l’estrema attività della loro immaginazione, la forza del loro spirito che le rende scellerate e feroci. Ma proprio in questo stato sono affascinanti, e non ce n’è una di loro che non faccia girar la testa quando sono eccitate. Sfortunatamente la rigidezza o piuttosto l’assurdità dei nostri costumi lascia loro poche occasioni per dimostrarlo; esse sono obbligate a nascondersi, a dissimulare, a coprire la loro inclinazione ostentando atti di beneficenza che in realtà detestano dal profondo del cuore; soltanto dietro i veli più fitti, con le più grandi precauzioni, e aiutate da qualche amica, riescono a sfogare le loro inclinazioni; ma siccome ne esistono tante, di conseguenza molte sono infelici. Volete conoscerle? Annunciate loro uno spettacolo crudele, con un duello, un incendio, una battaglia o un combattimento di gladiatori, e vedrete come accorreranno! Ma certe occasioni non sono così numerose da poter alimentare il loro furore, per cui esse si moderano e soffrono.

Diamo un rapido sguardo alle donne di questo tipo. Zingua, regina dell’Angola, la più crudele delle donne, immolava i suoi amanti dopo che avevano goduto di lei; spesso voleva vedere dei combattimenti tra guerrieri e lei essere il premio del vincitore; per eccitare la sua anima feroce, si divertiva a far pestare in una macina tutte le donne rimaste incinte prima dei trent’anni218. Zoe, moglie di un imperatore cinese, non provava piacere più grande del veder giustiziare dei criminali davanti a lei; se non ce n’erano, faceva immolare degli schiavi mentre fotteva con suo marito, e rapportava l’intensità del suo sborrare alla crudeltà delle pene che faceva sopportare a quei poveretti. E fu lei, rendendo più raffinato il tipo di supplizio a cui dovevano essere sottoposte le sue vittime, che inventò quella famosa colonna di bronzo vuota che veniva fatta arroventare dopo avervi chiuso dentro la persona immolata. Teodora, moglie di Giustiniano, si divertiva a vedere gli eunuchi fare l’amore; e Messalina si masturbava mentre davanti a lei degli uomini si masturbavano anch’essi finché non erano sfiniti. Le donne della Florida facevano ingrossare il membro dei loro mariti e mettevano sul glande piccoli insetti che li facevano soffrire orribilmente; ne usavano diversi per un uomo solo al fine di raggiungere più sicuramente lo scopo. Quando videro gli Spagnoli, loro stesse tennero fermi i loro sposi mentre quei barbari europei li assassinavano. La Voisin e la Brinvilliers219 avvelenavano per il solo piacere di commettere un crimine. La storia insomma ci fornisce a migliaia episodi sulla crudeltà delle donne e proprio in ragione delle naturali inclinazioni che sentono per questi impulsi io vorrei che si abituassero a sottoporsi alla flagellazione, mezzo con cui gli uomini crudeli placano la loro ferocia. Alcune ne fanno uso, lo so, ma non si tratta ancora di un’abitudine diffusa tra loro così ampiamente come io desidererei. Da questo sfogo concesso alla barbarie femminile, la società trarrebbe vantaggi, perché esse, non potendo essere malvage per questa abitudine, lo sarebbero per un’altra e diffondendo così il loro livore nel mondo, sarebbero la disperazione dei loro mariti e della loro famiglia. Il rifiuto di fare una buona azione, quando se ne presenti l’occasione, o quello di soccorrere uno sventurato, sono certamente mezzi stimolanti, se si vuole, per quella ferocia verso cui certe donne si sentono naturalmente trascinate, ma è cosa da poco e a volte ancora ben lungi dal bisogno che esse hanno di agire peggio. Ci sarebbero certamente altri mezzi con cui una donna, sensibile e insieme feroce, potrebbe calmare le sue travolgenti passioni, ma sono pericolosi, Eugénie, e non oserei mai consigliarteli… Oh, cielo! che avete, angelo caro?…Signora, guardate in che stato è la vostra allieva!

EUGÉNIE (masturbandosi): Ah, sacriddio! mi fate girar la testa… Ecco l’effetto dei vostri discorsi, lussuriosi!…

DOLMANCÉ: Aiutiamola, signora, aiutiamola!… Lasceremo sborrare così questa bella fanciulla senza darle una mano?…

SAINT-ANGE: Oh, sarebbe un’ingiustizia! (Prendendola tra le braccia.) Adorabile creatura, non ho mai visto una sensibilità come la tua, una mente così deliziosa!…

DOLMANCÉ: Occupatevi del davanti; io intanto sfiorerò con la mia lingua il grazioso buchetto del suo culo, dandole leggere pacche sulle natiche; sborrerà almeno sette o otto volte tra le nostre mani in questo modo.

EUGÉNIE (tutta stravolta): Sì, cazzo! Sarà semplicissimo!

DOLMANCÉ: Dalla posizione in cui vi trovate, signore, mi pare che potreste succhiarmi la verga a turno; eccitato in questo modo, procurerei con più energia i piaceri alla nostra affascinante allieva.

EUGÉNIE: Mia cara, ti contendo l’onore di succhiare questa bella verga. (La prende.)

DOLMANCÉ: Ah, che delizia!… che calore voluttuoso!… Ma, Eugénie, vi comporterete bene nel culmine del piacere?

SAINT-ANGE: Inghiottirà… inghiottirà… garantisco io; e d’altronde se, ingenuamente… non so per quale motivo poi… venisse meno ai doveri che le impone la lubricità…

DOLMANCÉ (molto eccitato): Non gliela perdonerei, signora, non gliela perdonerei!… Una punizione esemplare… vi giuro che la frusterei… e a sangue!… Sacriddio! sborro… il mio sperma cola!… Inghiotti!… inghiotti, Eugénie! Che non ne vada perduta una goccia!… E voi signora, occupatevi del mio culo: è vostro… Non vedete come boccheggia quel mio culo fottuto?… non vedete come invoca le vostre dita?… Cazzo, perdio! La mia estasi è completa… me l’avete ficcate fino al polso!… Ah, ora calmiamoci! non ne posso più… questa meravigliosa fanciulla m’ha succhiato come un angelo!…

EUGÉNIE: Mio caro e adorabile istitutore, non ne ho perduta una goccia. Baciami, amore caro, il tuo sperma ora è in fondo al mio intestino.

DOLMANCÉ: Deliziosa!… e come ha sborrato questa puttanella!

SAINT-ANGE: È inondata!… Oh cielo, ho sentito bussare! Chi può osare disturbarci?… Mio fratello… Sfacciato!

EUGÉNIE: Ma, mia cara, questo è un tradimento!

DOLMANCÉ: Senza pari! Ma non temete, Eugénie, noi badiamo soltanto ai vostri piaceri.

SAINT-ANGE: E la convinceremo di questo! Avvicinati, fratello; è divertente! questa fanciulla si nasconde per non essere vista da te!

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