Nov 282016
 

EUGÉNIE: Mia cara, ti conosco, tu hai fatto ben altro.

SAINT-ANGE: Pensi che esista qualcosa di peggio?

EUGÉNIE: Oh, sì, sì, e ti dico subito perché credo che sia così: non mi hai detto che le nostre sensazioni morali più deliziose derivano dall’immaginazione?

SAINT-ANGE: È vero.

EUGÉNIE: Ebbene, lasciando vagare questa immaginazione, concedendole la libertà di superare gli estremi limiti che vorrebbero imporle la religione, la decenza, l’umanità, la virtù, tutti i nostri pretesi doveri insomma, non è vero che le sue sfrenatezze avrebbero del prodigioso?

SAINT-ANGE: Senza dubbio.

EUGÉNIE: Ora, non è in rapporto all’immensità delle sue sfrenatezze che essa ci ecciterà sempre più?

SAINT-ANGE: Nulla di più esatto!

EUGÉNIE: Se è così, quanto più vorremo appassionatamente sentire e desidereremo fremere con violenza, tanto più bisognerà dar sfogo alla nostra immaginazione sulle cose più impensabili; il nostro piacere allora migliorerà in rapporto a quanto avrà prodotto la nostra mente, e…

DOLMANCÉ (baciando Eugénie): Deliziosa!

SAINT-ANGE: Quanti progressi ha fatto in poco tempo questa birbante! Ma lo sai, bellezza mia, che si può andare lontano sulla strada che ci hai indicato?

EUGÉNIE: Me ne rendo conto, e poiché non intendo impormi alcun freno, capisci bene dove suppongo si possa arrivare.

SAINT-ANGE: Ai crimini, scellerata, ai crimini più tetri e orrendi.

EUGÉNIE (con voce bassa e balbettante): Ma tu dici che non esistono… e poi si tratta solo di illuminare la mente: non mettiamo nulla in pratica.

DOLMANCÉ: Comunque è piacevole mettere in pratica quel che si è immaginato.

EUGÉNIE (arrossendo): E allora, mettiamolo in pratica… Non vorrete farmi credere, miei cari istitutori, che non avete mai fatto quello che vi è passato per la testa?

SAINT-ANGE: Qualche volta mi è capitato.

EUGÉNIE: Appunto!

DOLMANCÉ: Bellamente!

EUGÉNIE (continuando): Quel che ti chiedo, è cosa ti è passato per la mente e quel che hai fatto dopo.

SAINT-ANGE (balbettando): Eugénie, ti racconterò la mia vita un giorno o l’altro. Ora proseguiamo la nostra istruzione… altrimenti mi faresti dire cose…

EUGÉNIE: Ho capito, vedo che non mi vuoi bene al punto di rivelarmi completamente il tuo animo; aspetterò la scadenza che tu mi hai imposto; riprendiamo i dettagli. Dimmi, mia cara, chi fu il felice mortale che ebbe le tue primizie?

SAINT-ANGE: Mio fratello! Mi adorava fin dall’infanzia; fin dai primi anni ci eravamo soltanto divertiti insieme, senza mai raggiungere lo scopo. Io gli avevo promesso che mi sarei data a lui dopo essermi sposata, e ho mantenuto la parola; fortunatamente mio marito non aveva danneggiato nulla e fu lui a cogliere tutto. Ora continuiamo a mantenere questa relazione, ma senza alcun fastidio; ciononostante ci buttiamo ambedue, ognuno per conto proprio, nei più divini eccessi del libertinaggio. Non solo, ci diamo anche una mano; io gli procuro delle donne e lui mi fa conoscere degli uomini.

EUGÉNIE: Che accordo meraviglioso! Ma l’incesto non è un crimine?

DOLMANCÉ: Come si può considerare un crimine l’unione più dolce di natura, quella che essa stessa ci prescrive e maggiormente ci consiglia? Rifletti un momento, Eugénie; la specie umana, dopo le grandi sciagure che si abbatterono sulla nostra terra, non poté riprodursi altro che con l’incesto. Non ne ricaviamo forse l’esempio e la prova perfino nei rispettabili libri del cristianesimo? Le famiglie di Adamo211 e di Noè hanno forse potuto perpetuarsi diversamente? Meditate a fondo i costumi universali: ovunque vedrete che l’incesto è autorizzato, è considerato come una saggia legge, istituita appositamente per rinsaldare i legami di famiglia. Insomma, se l’amore nasce dalla rassomiglianza, dove ritrovarla perfetta come tra fratello e sorella, tra padre e figlia? L’incesto è stato proibito tra di noi da una politica mal intesa, perché si temeva di rendere troppo potenti alcune famiglie; ma non dobbiamo farci ingannare fino al punto di prendere come legge di natura quel che è dettato solo dall’interesse o dall’ambizione. Penetriamo nel nostro cuore, al quale io rinvio sempre i nostri pedanti moralisti; interroghiamo quest’organo sacro e riconosceremo che non esiste nulla di più dolce dell’unione carnale delle famiglie! Non chiudiamo gli occhi sui sentimenti di un fratello per la sorella o di una padre per una figlia! Invano l’uno e l’altro li mascherano dietro i veli di un legittimo affetto, ma in realtà l’amore più appassionato è l’unico sentimento che l’infiammi, ed è l’unico immesso dalla natura nei loro cuori. Perciò raddoppiamo, triplichiamo senza alcun timore questi teneri incesti, e rendiamoci conto di questo, che più l’oggetto dei nostri desideri ci appartiene da vicino, più il godimento ne sarà allettante.

Un mio amico vive abitualmente con la figlia avuta dalla propria madre; non più di otto giorni fa ha sverginato un fanciullo di tredici anni, nato dalla sua relazione con questa figlia; fra qualche anno questo stesso fanciullo sposerà sua madre: così vuole quel mio amico. In tal modo viene preparando loro un destino in linea con le sue idee, e so peraltro che ha anche intenzione di godere dei frutti che nasceranno da questo matrimonio; d’altronde è giovane ed è nei suoi diritti sperarlo. Dunque, mia cara Eugénie, vedete di quanti e quali incesti e crimini si sarebbe macchiato questo mio onesto amico, se solo esistesse qualcosa di vero nel pregiudizio che ci porta a considerare criminose certe relazioni! Insomma, in tutto questo io parto da un principio; se la natura vietasse i godimenti sodomitici, i godimenti incestuosi, le polluzioni e il resto, forse permetterebbe che noi vi trovassimo tanto piacere? È impossibile che essa possa tollerare ciò che veramente l’oltraggia.

EUGÉNIE: Miei divini istitutori, mi rendo conto che, stando ai vostri principii, sulla terra esistono pochissimi crimini, e noi possiamo abbandonarci in pace a tutti i nostri desideri, sebbene tutto questo possa apparire strano a certi sciocchi che ne sono indignati, hanno paura di tutto, e stupidamente ritengono che le istituzioni sociali siano leggi divine di natura. Comunque, amici miei, ammetterete che simili azioni, per quanto ispirate dalla natura, sono veramente disgustose e decisamente criminose. La natura, tanto singolare in quel che crea, quanto varia nelle tendenze che c’inculca, a volte ci spinge ad azioni crudeli; d’accordo. Ma se noi ci abbandonassimo completamente alla depravazione, cedendo agli stimoli di questa natura stravagante, fino al punto di attentare, per esempio, alla vita dei nostri simili, be’ mi concederete, spero, che in questo caso commetteremmo un vero e proprio crimine!

DOLMANCÉ: Ci mancherebbe pure, Eugénie, che ti concedessimo una cosa simile! Ma dico: la distruzione è una delle prime leggi della natura, quindi nessuna opera di distruzione può essere criminosa! In che modo un’azione che serva così bene alla natura potrebbe mai recarle oltraggio? Del resto questa distruzione, di cui l’uomo tanto si vanta, non è che un’illusione: l’uccisione non è distruzione; colui che uccide non fa che variare le forme; restituisce alla natura elementi di cui ben presto la mano di questa abile artefice si serve per ricompensare altri esseri. Poiché la creazione non può essere che un godimento per colui che la compie, l’assassino ne prepara dunque uno alla natura; le fornisce materiale che essa adopera subito, e quell’azione biasimata dalla follia degli sciocchi diventa esclusivamente un merito agli occhi di questo agente universale. È il nostro orgoglio che fa dell’omicidio un crimine! Ritenendoci le prime creature dell’universo, abbiamo immaginato, da stolti, che ogni lesione inferta a questi esseri sublimi dovesse essere considerata necessariamente un enorme crimine; abbiamo creduto che la natura si sarebbe estinta se la nostra meravigliosa specie fosse mai arrivata a essere annientata su questa terra, mentre in realtà la sua distruzione totale, dando nuovamente alla natura la facoltà creatrice che essa ci presta, le restituirebbe un’energia che noi propagandoci le togliamo; ma che incongruenza, Eugénie! Come? un sovrano ambizioso potrà distruggere a suo piacimento e senza il minimo scrupolo i nemici che nuocciono ai suoi piani di grandezza… sullo stesso piano, leggi crudeli, arbitrarie, categoriche, potranno assassinare ogni secolo milioni d’individui… e noi, deboli e disgraziati, non potremo sacrificare un solo essere alle nostre vendette o ai nostri capricci? Esiste nulla di tanto barbaro, ridicolo e strano? E noi dobbiamo vendicarci ampiamente di questa assurdità, sotto il velo del più intimo mistero?212

EUGÉNIE: Certamente… Oh com’è seducente la vostra parola, e come mi piace!… Ma, ditemi, Dolmancé, in tutta coscienza, qualche volta non vi siete preso una soddisfazione di questo genere?

DOLMANCÉ: Non obbligatemi a svelarvi le mie colpe: il loro numero e il loro genere mi costringerebbero ad arrossire. Forse un giorno ve le confesserò.

SAINT-ANGE: Avendo in mano la spada della legge, questo scellerato ne ha spesso fatto uso per soddisfare le proprie passioni.

DOLMANCÉ: Magari non potessero essermi mossi altri rimproveri!

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