Mar 132017
 

DOLMANCÉ: Ha ragione e non parliamone più, cavaliere; così andreste fuori strada, e invece vogliamo che procediate dritto allo scopo.

IL CAVALIERE: Certo, lo so che siamo qui per uno scopo ben diverso da quello a cui mi rivolgevo; d’accordo, andiamo diritti allo scopo. Mi terrò la mia morale per coloro che, meno sordi di voi, saranno più in grado ascoltarla.

SAINT-ANGE: Sì, fratello mio, sì; dacci solo il tuo sperma; la tua morale non c’interessa; è troppo dolce per traviati come noi!

EUGÉNIE: Temo proprio, Dolmancé, che questa crudeltà da voi raccomandata con calore influenzi un po’ i vostri piaceri; e l’ho già riscontrata, perché siete duro quando godete. Mi sentirei anch’io predisposta a questo vizio: quindi, per chiarirmi le idee sull’argomento, potreste indicarmi in che considerazione tenete l’oggetto che vi serve per il piacere?

DOLMANCÉ: Assolutamente nulla, mia cara; sia che partecipi o meno al mio godimento, che provi o meno gioia, apatia o dolore, mi è completamente indifferente; l’importante è che io sia felice! EUGÉNIE: Ma forse è anche meglio che quest’oggetto provi dolore, no?

DOLMANCÉ: Certamente, è molto meglio, ve l’ho già detto: la ripercussione, più attiva su di noi, determina ben più energicamente e prontamente in tal caso gli spiriti animali nella direzione loro necessaria per la voluttà. Aprite i serragli dell’Africa, dell’Asia e della vostra Europa meridionale, e vedrete se i capi di questi famosi harem si preoccupano troppo, quando son eccitati, di dar piacere agli individui che li servono; loro comandano, e quelli obbediscono; loro godono, e quelli non osano rispondere; loro sono soddisfatti e quelli devono allontanarsi. Alcuni di loro punirebbero come mancanza di rispetto l’audacia di partecipare al loro godimento. Il re d’Achem fa tagliare senza pietà la testa alla donna che abbia osato perdere il controllo in sua presenza al punto di godere, e spessissimo la uccide egli stesso. Questo despota, uno dei più singolari dell’Asia, non è circondato altro che da donne, e per dare un ordine gli basta un segno: la punizione per quelle che non capiscono è la morte più crudele, e le sentenze vengono eseguite sempre o da lui stesso o sotto i suoi occhi.

Tutto questo, mia cara Eugénie, è basato sui principii che vi ho già sviluppato. Che volete che aggiunga? Quel che ci circonda non si occupa che di noi, non pensa che a noi, non si prende cura che di noi. Se gli oggetti che ci servono godono, logicamente diventano più impegnati per se stessi che per noi e il nostro godimento, di conseguenza, è disturbato. Per un impulso di orgoglio naturalissimo in quel momento, egli vorrebbe essere il solo al mondo in condizione di provare quanto sente; l’idea di vedere un altro godere come lui lo riporta a una sorta di uguaglianza che nuoce all’indicibile esaltazione che fa provare in quei momenti il dispotismo. È falso, d’altronde, che esista piacere nel donarne ad altri; questo significa servirli e l’uomo in stato d’eccitazione è lontano dal decidere di essere utile ad altri. Facendo del male, al contrario, prova tutto il fascino di cui gode un individuo nervoso nel fare uso delle sue forze; in quei momenti egli domina, è un tiranno. E che differenza per l’amor proprio! Non crediamo affatto che in tal caso resti tranquillo.

L’azione del godimento è una passione, ne convengo, che subordina a sé tutte le altre, ma che contemporaneamente le riunisce; questa voglia di dominare in simili momenti è così forte nella natura che la si riconosce anche negli animali. Guardate se quelli che stanno in schiavitù si riproducono come quelli che sono liberi! Il dromedario è il caso limite; non si accoppia più se non si crede solo. Provate a coglierlo sul fatto, apparendogli quindi come padrone; fuggirà separandosi subito dalla sua compagna. Se non era intenzione della natura che l’uomo avesse questa superiorità, non avrebbe creato più deboli di lui tutti gli esseri che gli destina in simili frangenti. Questa debolezza a cui la natura condannò le donne prova incontestabilmente che è sua intenzione che l’uomo, godendo più che mai della sua potenza in quei momenti, su tutte eserciti la violenza come gli sembrerà opportuno e, se vorrà, anche con supplizi. La crisi della voluttà sarebbe una specie di rabbia se questa madre del genere umano non volesse che il trattamento del coito fosse identico a quello della collera? Insomma quale uomo fisicamente a posto, ben dotato di organi vigorosi, non desidererà in un modo o in un altro molestare il suo godimento? Lo so che un’infinità di stolti, non rendendosi ben conto delle proprie sensazioni, capiranno male i sistemi che ho stabilito; ma cosa m’importa di questi imbecilli? Non parlo per loro. Piatti adoratori delle donne; io li lascio ai piedi della loro insolente dulcinea in attesa del sospiro che li renderà felici e, umilmente schiavi del sesso che dovrebbero dominare, li abbandono ai vili incantesimi di portare certe catene con cui la natura dà loro diritto di opprimere gli altri. Simili animali vegetano nella bassezza che li avvilisce; sarebbe vano convertirli. Ma loro non denigrino quel che non riescono a capire e si convincano che coloro che vogliono basare i loro principii in questo campo esclusivamente sugli slanci di un’anima vigorosa e di una immaginazione sfrenata, come facciamo noi, saranno sempre i soli a meritare di essere ascoltati, i soli predestinati a imporre la legge e a impartire insegnamenti!…

Cazzo! sono tutto eccitato!… Richiamate Augustin vi prego. (Suonano; Augustin entra.) È inaudito come, mentre parlavo, avevo sempre in mente il superbo culo di questo bellissimo ragazzo! Ogni mia idea sembrava involontariamente riferirsi a lui… Mostrami questo capolavoro, Augustin… Fammelo baciare e accarezzare! Vieni, amore bello, vieni! Che io mi renda degno, nel tuo bel culo, delle fiamme con cui Sodoma m’incendia. Ha delle natiche bellissime… bianchissime! Vorrei ch’Eugénie, stando in ginocchio, gli succhiasse la verga nel frattempo! In tal modo lei esporrebbe il didietro al cavaliere che potrebbe incularla, mentre la Saint-Ange, in groppa ad Augustin, mi presenterebbe le sue natiche per farmele baciare; armata inoltre di fascetti di verghe potrebbe, mi par bene, curvandosi un po’, frustare il cavaliere, che da questa stimolante cerimonia sarebbe impegnato a non risparmiare la nostra allieva. (Si dispone in posizione.) Ecco, così! benissimo, amici miei! In verità fa piacere ordinarvi la disposizione in quadri simili; nessun artista al mondo li eseguirebbe come voi!… Questo brigante ha un culo d’una ristrettezza!… quel che posso fare è ficcarmici dentro… Signora, mi permettete di mordere e pizzicare il vostro culo mentre fotto?

SAINT-ANGE: Quanto vorrai, amico mio; ma ti avverto che sono pronta a vendicarmi: giuro che, ogni volta che mi mordi, ti allento un peto in bocca.

DOLMANCÉ: Sacriddio, che minaccia!… La cosa m’incita a farti del male, cara mia. (La morde.) Vediamo se mantieni la parola! (Riceve un peto.) Cazzo! è delizioso! è delizioso!… (La sculaccia e riceve subito un altro peto.) È divino, angelo mio! Conservamene qualcuno per il culmine del piacere… e sta’ certa che allora ti tratterò con tutta la crudeltà… tutta la barbarie… Cazzo!… non ne posso più… sborro!… (La morde, la sculaccia, e lei non smette di fare peti.) Vedi come ti tratto, puttana!… come ti domino… Ancora… e che l’ultimo insulto sia per l’idolo stesso a cui ho sacrificato! (Le morde il buco del culo e la posizione ha termine.) E voialtri, amici miei, cosa avete fatto?

EUGÉNIE (facendo uscire lo sperma che ha nel culo e in bocca): Ahimè! maestro… vedete come i vostri allievi m’hanno ridotta! Ho il didietro e la bocca pieni di sperma, e rigetto sperma da tutte le parti!

DOLMANCÉ (eccitato): Un momento voglio, che mi rendiate in bocca quello che il cavaliere vi ha messo nel culo.

EUGÉNIE (mettendosi in posizione): Ma che stravaganza!

DOLMANCÉ: Niente è migliore dello sperma che cola dal fondo di un bel didietro!… È un nettare degno degli dèi. (Lo inghiotte.) Avete visto che cosa ne ho fatto! (Riportandosi dietro al culo d’Augustin e baciandolo): Voglio chiedervi, signore, il permesso d’allontanarmi un istante nello stanzino vicino con quest’uomo.

SAINT-ANGE: Non potete far qui tutto quello che vi piace con lui?

DOLMANCÉ (a bassa voce e misterioso): No, ci sono alcune cose che richiedono assolutamente discrezione.

EUGÉNIE: Perbacco! Diteci almeno di che si tratta.

SAINT-ANGE: Non lo lascerò uscire senza che ce l’abbia detto.

DOLMANCÉ: Volete saperlo?

EUGÉNIE: Certo!

DOLMANCÉ (trascinando Augustin): Ebbene, signore, vado… ma, insomma, non posso dirlo!

SAINT-ANGE: Esiste dunque un’infamia tale al mondo che non siamo degne di sentire ed eseguire?

IL CAVALIERE: Sorella mia, ve lo dirò. (Parla sottovoce alle due donne.)

EUGÉNIE (con disgusto): Avete ragione, è orribile.

SAINT-ANGE. L’immaginavo.

DOLMANCÉ: Vi rendete conto che non potevo rivelarvi questa mia fantasia; e capirete che è bene essere soli e al buio per abbandonarsi a certe azioni infami.

EUGÉNIE: Volete che venga con voi? Vi masturberò mentre godrete con Augustin.

DOLMANCÉ: No, no! È una questione d’onore e deve svolgersi tra soli uomini; una donna ci disturberebbe… Arrivederci, signore!

(Esce, trascinandosi dietro Augustin.)

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