Mar 062017
 

EUGÉNIE: Questo si chiama scrivere da persona saggia e così in linea con i vostri principii, almeno per molti argomenti, che sarei tentata di credere che l’autore siete proprio voi.

DOLMANCÉ: Una parte di certe riflessioni collima col mio pensiero, e i miei discorsi che ve l’hanno rivelato, danno alla lettura fatta l’apparenza di una ripetizione…

EUGÉNIE (interrompendo): Non me ne sono accorta; non si parla mai troppo di cose buone. Piuttosto trovo che alcuni principii sono un po’ pericolosi.

DOLMANCÉ: Al mondo non c’è di pericoloso altro che la pietà e la beneficenza; la bontà è solo una debolezza di cui l’ingratitudine e l’impertinenza dei deboli spingono sempre le persone oneste a pentirsi. Un buon osservatore si prenda la briga di calcolare tutti i pericoli della pietà paragonandoli a quelli di una sostenuta fermezza, e vedrà se non sono i primi a risultare più numerosi! Ma andiamo troppo lontano, Eugénie; sottolineiamo l’unico consiglio che si può trarre per la vostra educazione da quanto è stato detto: non date ascolto mai al vostro cuore, fanciulla mia, perché è la guida più falsa che abbiamo ricevuto dalla natura. Fate molta attenzione alle fallaci richieste di soccorso da parte di chi è in miseria: è molto meglio opporre un rifiuto a chi in realtà potrebbe risultare al centro dei vostri interessi che rischiare nel donare allo scellerato, all’intrigante, all’infingardo; si hanno conseguenze piuttosto lievi, mentre potrebbero verificarsi notevoli inconvenienti.

IL CAVALIERE: Vogliate concedermi, vi prego, di fare un’opposizione ai principii di Dolmancé e, in caso, di annullarli. Essi sarebbero certamente diversi, o uomo crudele, se tu, privo dell’immensa fortuna con cui hai sempre modo di soddisfare le tue passioni, languissi per un po’ di tempo in quella opprimente miseria, le cui vittime sono così disprezzate dal tuo spirito feroce! Dà uno sguardo di pietà ai quei miserabili, e non far diventare duro il tuo cuore fino a renderlo irrimediabilmente sordo alle grida laceranti del bisogno! Quando il tuo corpo, fiacco unicamente per le voluttà, riposa languidamente su letti di piume, allora osserva il loro corpo distrutto dal lavoro che permette a te di vivere come vivi! Guarda come ammassano un po’ di paglia per difendersi dal freddo della terra, dal momento che hanno solo la fredda superficie di quella per stendersi, come bestie! Mentre tu te ne stai tra succulente vivande con cui venti allievi di Comus risvegliano quotidianamente la tua sensualità, guarda quei disgraziati come contendono ai lupi nei boschi le amare radici di un terreno arido! Mentre svaghi, grazie e sorrisi portano al tuo letto impuro gli oggetti più eccitanti del tempio di Citera, guarda quel miserabile come giace accanto alla sua triste sposa, soddisfatto dei piaceri colti tra le lacrime senza neanche concepirne altri! Guardalo, mentre tu non rifiuti nulla e navighi in mezzo al superfluo, guardalo com’è sempre privo delle necessità più impellenti dell’esistenza! Dà una sguardo alla sua famiglia desolata! Guarda come la sua sposa tremante si consuma teneramente tra le cure dovute al marito e quelle che la natura le comanda per i frutti del suo amore, senza la minima possibilità di accudire anche a uno solo dei suoi doveri sacri per il suo animo sensibile! Ascoltala senza commuoverti, se ci riesci, mentre invoca quanto per te è superfluo, ma che la tua crudeltà le rifiuta! Barbaro, non sono forse uomini come te, e se sono simili a te perché devi godere nel vederli soffrire? Eugénie, Eugénie, non soffocate mai nel vostro cuore la sacra voce della natura! Vi porterà istintivamente a far del bene, quando l’allontanerete dal fuoco delle passioni che lo consuma. Mettiamo da parte i principii religiosi, d’accordo, ma non abbandoniamo le virtù che la sensibilità ci ispira: praticandole gusteremo i piaceri più dolci e deliziosi del cuore. Tutti i traviamenti del vostro spirito saranno ripagati da un’opera buona: essa spegnerà in voi i rimorsi che vi verranno dalla vostra cattiva condotta e costituendo nel fondo della vostra coscienza un asilo sacro per rinchiudervi a volte in voi stessa, vi troverete la consolazione per le depravazioni a cui i vostri errori vi avranno condotta. Sorella mia, io sono giovane, libertino, empio, capace di ogni depravazione, ma ho sempre un cuore, ed è puro, ed è con lui, amici miei, che mi consolo per ogni sbaglio.

DOLMANCÉ: Sì, cavaliere, siete giovane, e lo dimostrate con certi discorsi; vi manca l’esperienza. Ne riparleremo quando avrete più anni; allora, caro mio, non tratterete così bene gli uomini, perché li avrete conosciuti. La loro ingratitudine ha indurito il mio cuore, la loro perfidia ha distrutto in me quelle funeste virtù per le quali ero forse predisposto come voi. Ora se i vizi degli uni rendono negli altri pericolose le virtù, non è un servizio reso alla gioventù soffocare subito queste presenti in lei? Amico mio, ma di che rimorsi mi parli? Come possono esistere nell’animo di chi pensa solo al crimine? Se ne temete lo stimolo, i vostri principii li soffochino! Potrete mai pentirvi di aver agito con indifferenza se essa è penetrata profondamente in voi? Se riterrete che il male non esiste, di che male dovrete pentirvi?

IL CAVALIERE: I rimorsi non sorgono dallo spirito di un uomo, ma dal suo cuore, e i ragionamenti non soffocheranno mai i palpiti del cuore!

DOLMANCÉ: Ma il cuore sbaglia, perché riflette i falsi calcoli dello spirito; fate maturare questo e vedrete come anche quello si adeguerà! Sono sempre le false definizioni che ci mettono fuori strada quando vogliamo ragionare; io non so cosa sia il cuore, chiaro? Chiamo così solo la debolezza di spirito. Una sola e unica luce risplende in me: se sono sano e tranquillo, non mi allontana mai dalla giusta strada; solo se divento vecchio, ipocondriaco e pusillanime, m’inganna: allora mi definisco un sensibile, e in fondo non sono che un debole e un timido. Ancora una volta, Eugénie, non fatevi prendere da questa perfida sensibilità: state certa che è debolezza d’animo: quando si ha paura si piange, ed è così che i re diventano tiranni. Rifiutate, detestate dunque i perfidi consigli del cavaliere! Egli, suggerendovi di aprire il vostro cuore a tutti i mali immaginari della miseria, cerca di farvi conoscere un tal numero di pene che, non essendo le vostre, vi strazierebbero inutilmente. Credete a me, Eugénie! i piaceri che nascono dall’apatia valgono molto di più di quelli che può darvi la sensibilità; questa non sa rivolgere il cuore se non in un senso, mentre quella li attira e li trascina ovunque! I godimenti concessi, insomma, possono mai paragonarsi ai godimenti che, insieme ad attrattive assai più eccitanti, offrono quelli inestimabili derivanti dalla sregolatezza sociale e dal rifiuto di ogni legge?

EUGÉNIE: Dolmancé, sei magnifico! Hai ragione tu! I discorsi del cavaliere sfiorano la mia anima, i tuoi la seducono e l’esaltano! Credetemi, cavaliere; quando vorrete convincere una donna, basatevi più sulla passione che sulla virtù!

SAINT-ANGE (al cavaliere): Sì, amico mio, fottici, ma non parlare! Non convinceresti nessuno e oltretutto potresti turbare gli insegnamenti con cui noi vogliamo istruire l’anima e lo spirito di questa meravigliosa fanciulla.

EUGÉNIE: Turbare? Oh no, no! la vostra opera è finita. Quel che gli sciocchi chiamano corruzione è ora così radicata in me che non esiste la minima speranza di un ripensamento e i vostri principii sono ben saldi nel mio cuore perché i ragionamenti del cavaliere possano mai arrivare a distruggerli.

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