Nov 022015
 

Quando rinvenni, mi trovai nuda sul letto, tra le braccia del dolce assassino della mia verginità, il quale era chino su di me, teneramente addolorato, e mi porgeva un cordiale che non potei rifiutare, perché offerto dall’amatissimo autore di tanta pena. I miei occhi però, gonfi di lacrime e languidamente rivolti a lui, sembravano rimproverarlo per la sua crudeltà e chiedergli se quelle fossero le ricompense dell’amore. Ma Charles, a cui ero molto più cara dopo il suo completo trionfo sulla mia verginità inaspettata, intenerito dalla pena che mi aveva procurato per ottenere il più alto dei piaceri, soffocò la sua esultanza, e con molta dolcezza e affetto iniziò a lenire e confortare i miei lamenti, che esalavano in realtà più amore che risentimento. Annegai in fretta, dunque, ogni sensazione di dolore nel piacere di osservarlo e di pensare che appartenevo a lui, che adesso era l’assoluto depositario della mia felicità e, in una sola parola, del mio destino.

La ferita era comunque ancora troppo fresca e sanguinante perché il buon cuore di Charles mi sottoponesse a un’altra prova, e siccome non potevo né alzarmi né camminare per la stanza, ordinò il pranzo a letto, dove riuscii a buttar giù un’ala di pollo e un paio di bicchieri di vino, solo perché era il mio giovane amante a servirmi e a insistere, con quell’adorabile e irresistibile autorità di cui l’amore per me lo aveva investito.

Dopo pranzo venne portato via tutto, eccetto il vino, e Charles mi chiese con molta disinvoltura il permesso, la cui concessione poté subito leggere nei miei occhi, di venire a letto con me, e dunque cominciò a spogliarsi. Io non riuscii ad assistere al procedere dei suoi gesti senza strane sensazioni di paura e piacere.

Ora giaceva a letto con me, per la prima volta e in pieno giorno. Dopo aver tirato su la sua e la mia camicia, si distese con il corpo nudo e splendente accanto al mio… Oh! Che insopportabile piacere! Che rapimento sovrumano! Quale pena non svanisce di fronte a un piacere così appassionante? Non sentivo più il bruciore della mia ferita lì sotto, e avvolgendolo come un viticcio, come se temessi di privare qualche parte del suo corpo dal contatto con il mio, ricambiai i suoi abbracci e i suoi baci con un fervore e un piacere noti solo all’amore, e del tutto sconosciuti alla semplice lussuria.

Sì, perfino alla mia età di adesso, in cui la tirannia della passioni viene a mancare, e nelle mie vene scorre solo un tranquillo e freddo fiume, il ricordo di quei momenti così importanti della mia giovinezza ancora mi allieta e rinfresca. Comunque andiamo avanti. Il mio bellissimo giovane si trovava ora incollato a me in ogni piega e curva in cui i nostri corpi potevano incontrarsi. Quando non fu più in grado di domare la furia del suo rinnovato desiderio, lanciò il suo destriero al galoppo e, insinuando le sue cosce tra le mie, tappandomi la bocca con baci umidi e focosi, irruppe di nuovo e, con rinnovati colpi, perforò, dilaniò e infine sfondò la sua strada nelle tenere pieghe, che sopportarono il suo accesso meno severo di quando la breccia fu aperta la prima volta. Soffocai tuttavia le lacrime, e sopportai con la forza passiva di un’eroina. Ben presto i colpi si fecero più violenti, la sue guance si accesero di un rosso intenso, gli occhi erano rivolti in alto, rapiti: gemiti e fremiti annunciavano l’avvicinarsi del piacere estatico, che io tuttavia non potevo ancora condividere per il troppo dolore.

Solo quando il godimento ebbe assopito e attenuato il dolore, facendomi provare la stimolante profusione dei suoi piaceri balsamici, riuscii a ricambiare la deliziosa sensazione e abbandonarmi alla passione: giunsi al piacere estremo passando attraverso l’estremo dolore. Quando anche i successivi scontri mi ebbero lacerata e irrorata, iniziai a provare quel reale e vivo piacere dei piaceri, quando il caldo impeto avvolge tutto il corpo estasiato. Quale profluvio di beatitudine! Quale passione travolgente! Quale deliziosa agonia! Com’è possibile che la natura sopporti tali feroci e potenti sensazioni? Be’, di sicuro è a tale scopo che ci ha donato il sollievo di una deliziosa momentanea dissoluzione, il cui avvicinarsi è anticipato da un dolce delirio, da un piacevole brivido che accompagna l’emissione di quel miele in cui il godimento stesso affoga, quando nell’ultimo fremito si esaurisce e muore.

Quante volte, placati la passione e il tumulto dei sensi nello struggente fiume, mi sono chiesta con freddezza, in tenera meditazione, se la natura riservasse a tutte le sue creature una felicità come la mia. Altrimenti che valore potevano avere i timori di eventuali conseguenze, se messi a confronto con il godimento di una sola notte, trascendendo la gioia dei miei occhi e del mio cuore, con quel delizioso, appassionato e incomparabile giovane?

Passammo così l’intero pomeriggio fino alla cena, in un continuo susseguirsi di delizie amorose, di baci, di carezze e giochi. Alla fine ci servirono la cena. Charles che si era rivestito, non so bene per quale ragione, si sedette accanto al letto che usammo come tavola e tovaglia, non permettendo a nessuno di aiutarci o servirci. Mangiò con un ceto appetito, e sembrava affascinato nel vedermi mangiare. Da parte mia, ero talmente emozionata per le delizie in cui ora nuotavo, specie se paragonate all’insipienza della mia vita passata, che le avrei giudicate abbastanza a buon mercato, perfino a costo della mia completa rovina o del rischio di perderle. Non potevo pensare ad altro se non a ciò che in quell’istante possedevo.

Quella notte, dopo esserci più volte dilettati con premi di piacere, dormimmo insieme, quando la natura, sopraffatta e appagata, ci consegnò fra le braccia del sonno, mentre quelle del mio amato giovane avvolgevano me, rendendo quel momento ancor più delizioso.

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