Mag 182015
 

La mattina dopo, Madame Lefort mi istruì ampiamente su quelli che sarebbero stati i doveri della mia nuova condizione, nonché sulle particolari cure che avrei dovuto avere per Monsieur il Presidente; dopo di che mi fece spogliare e mi lavò da capo a piedi, mi arricciò, mi pettinò e mi rivesti con abiti molto più belli di quelli che portavo di solito.

Alle quattro del pomeriggio ci recammo da Monsieur il Presidente; era un uomo allampanato, il viso giallastro e rugoso seminascosto da un’enorme e lunga parrucca incipriata. Questo rispettabile personaggio, dopo averci fatto accomodare, disse gravemente rivolto a mia madre: “Questa dunque è la persona in questione? È venuta su molto bene. L’ho sempre detto che prometteva di diventare carina e ben fatta: fino a oggi non è stato denaro buttato. Ma”, aggiunse, “siete sicura che sia vergine? Vediamo un po’, Madame Lefort”.

Subito mia madre mi fece sedere sul bordo del letto e stendere sul dorso, mi sollevò la camicia e già si preparava a divaricarmi le cosce, quando il Presidente le disse bruscamente: “Eh! Non è tanto quello, Madame! Le donne hanno sempre la mania di mostrare il davanti. No, no! Fatela voltare…”.

“Oh! Monsignore, vi chiedo scusa”, gridò mia madre. “Credevo voleste vedere… quella. Alzati Manon”, mi disse. “Mettiti in ginocchio su questa sedia e chinati in avanti più che puoi”.

Gli occhi bassi, come una vittima, dovetti eseguire ciò che mi si chiedeva. La mia degna madre mi sistemò in questa posizione, alzandomi la camicia sino ai fianchi; Monsieur il Presidente si era intanto avvicinato. Sentivo che lei mi apriva le natiche, fra le quali Monsignore tentava di introdurre il dito, cercando, ma inutilmente, di penetrarvi.

“Molto bene”, disse a mia madre, “sono contento. Vedo che è sicuramente vergine. Tenetela ancora così e datele qualche piccola sculacciata, lì sulle natiche”.

L’ordine venne eseguito, dopo di che vi fu un profondo silenzio. Mia madre mi teneva sollevate sottana e camicia con la mano sinistra, mentre con la destra mi sculacciava leggermente. Curiosa di vedere quello che stava facendo il Presidente, voltai appena un po’ la testa e lo scorsi a due passi dal mio didietro, un ginocchio a terra, mentre con una mano reggeva una piccola lente di ingrandimento puntandola sul mio posteriore, e con l’altra scuoteva fra le sue cosce qualcosa dì nero e di flaccido, che tutti gli sforzi non riuscirono a far drizzare. Non so se riuscì a portare a termine la sua operazione, ma infine, dopo avermi fatta stare un quarto d’ora in quella posizione che mi era divenuta insopportabile, Monsignore si alzò e raggiunse la sua poltrona, vacillando sulle vecchie gambe scarne. Donò a mia madre una borsa entro la quale, le disse, avrebbe trovato i cento luigi d’oro pattuiti, e dopo avermi onorata di un bacio sulla guancia mi promise che, se fossi stata saggia, avrebbe provveduto a non farmi mancare nulla. Per il resto, mi avrebbe fatta avvertire quando avesse avuto bisogno di me. Dopo che fummo tornate a casa», continuò Madame Bois-Laurier, «feci delle riflessioni molto serie su ciò che avevo visto e imparato, sul tipo di quelle fatte anche da voi dopo aver assistito alle frustate inferte dal Padre Dirrag a Mademoiselle Eradice. Ricordavo molto bene tutto quanto era stato detto e fatto nella casa di Madame Lefort sin dalla mia infanzia e stavo radunando le idee per tirare qualche conclusione ragionevole, quando mia madre entrò ponendo fine ai miei pensieri. “Non ho più nulla da nasconderti, cara Manon!”, esclamò abbracciandomi. “Eccoti associata al mestiere che, con una certa decenza, esercito da vent’anni. Adesso ascolta con attenzione quello che ho ancora da dirti. Siccome vedo che segui docilmente i miei consigli, ecco cosa ti suggerisco: fa in modo che il Presidente debba riparare al torto che ti sta facendo. È per suo ordine, continuò mia madre, che ti ho allevata da otto anni a questa parte, otto anni durante i quali mi ha pagato una modestissima pensione bastante appena (e non sempre) alla tua educazione. Mi aveva promesso che ci avrebbe donato cento luigi a testa, quando la tua età gli avrebbe permesso di poterti sverginare. Ora se questo vecchio porco ha fatto i conti senza l’oste, se il suo vecchio arnese arrugginito, raggrinzito e logoro lo mette fuori lizza per tentare una simile avventura, è forse colpa nostra? Oggi lui ha sborsato solo i cento luigi che mi riguardano; ma non ti preoccupare, mia cara Manon, te ne farò guadagnare ben altri. Tu sei giovane, graziosa e nessuno ti conosce. Per farti un favore, userò questa somma per agghindarti a dovere e, se ti lascerai guidare, ti farò guadagnare da sola quanto hanno guadagnato poco tempo fa dieci o dodici ragazze di mia conoscenza”.

Dopo mille altre proposte di questo genere, dalle quali intuii che la mia buona mammina brigava per appropriarsi dei cento luigi del Presidente, le condizioni delle nostre trattative furono le seguenti: ella mi avrebbe anticipato questo denaro, trattenendolo in seguito sul guadagno dei miei lavori futuri e, una volta saldato il debito, avremmo diviso coscienziosamente i profitti della nostra società.

 Leave a Reply

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

(required)

(required)

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.