Gen 122015
 

Continuai dunque i miei esercizi di devozione con tutto il fervore immaginabile. Mi avevano molto parlato del famoso Padre Dirrag; volli vederlo. Divenne il mio direttore spirituale, e Mademoiselle Eradice, la sua più tenera penitente, divenne ben presto la mia migliore amica.

Voi conoscete bene, mio caro Conte, la storia di questi due famosi personaggi. Non starò qui a ripetere tutto quello che la gente già sa e ha commentato; ma un fatto singolare, di cui sono stata testimone, vi potrà divertire e servirà a convincervi che, se è vero che Mademoiselle Eradice alla fine si sia data consapevolmente agli abbracci di quel bacchettone, è anche vero che per lungo tempo fu soltanto la vittima della sua santa lubricità.

Mademoiselle Eradice diventò per me la più dolce delle amiche: aveva la mia stessa indole e mi confidava i suoi più segreti pensieri. L’affinità dei nostri caratteri si manifestava anche nel seguire le stesse pratiche di devozione, rendendoci inseparabili. Tutte e due virtuose, la nostra più grande aspirazione era di guadagnarci la fama di sante, con un grandissimo desiderio di arrivare a compiere miracoli. Questo desiderio dominava soprattutto lei, a tal punto che avrebbe sofferto con una costanza degna dei martiri tutti i tormenti del mondo se fosse stata convinta che in tal modo avrebbe potuto resuscitare un secondo Lazzaro; e il Padre Dirrag, dal canto suo, aveva tutto il talento per farle credere ciò che voleva.

Eradice mi aveva già detto altre volte con una punta di vanità che questo Padre Dirrag non si confidava interamente che a lei sola; che negli incontri particolari che avevano spesso a casa di lei egli l’aveva assicurata di essere a pochi passi dalla santità, poiché Dio gli aveva rivelato in un sogno, da lui chiaramente interpretato, che sarebbe riuscita a compiere i più grandi miracoli perseverando a lasciarsi condurre sulla strada della virtù e delle mortificazioni necessarie.

Tutti sono soggetti alla gelosia e all’invidia; una persona devota può esserlo anche di più.

Eradice si accorse che ero gelosa della sua felicità e che non credevo troppo a ciò che mi diceva. Effettivamente, mi mostrai più sorpresa di quel che ero in realtà del fatto che Padre Dirrag (che aveva sempre evitato di avere incontri con me) si recasse in casa di una penitente mia amica, fosse pure stigmatizzata come era Eradice. Senza dubbio la mia figura triste e il colorito giallognolo non erano piaciuti al reverendo Padre, non erano per lui un ristoro adatto a suscitare il piacere necessario per i suoi esercizi spirituali. Così, decisi di portare avanti il gioco. Niente stigmate, niente incontri particolari per me! Finsi di non credere a nulla e la mia tattica vinse. Eradice, con aria commossa, mi offrì di essere fin dall’indomani mattina testimone oculare della sua felicità.

«Vedrai», mi disse con slancio, «qual è la forza dei miei esercizi spirituali e per quali gradi di penitenza il buon Padre mi porta a essere una grande santa. Non dubiterai più delle estasi e dei rapimenti che sono il frutto di questi esercizi. Che il mio esempio, cara Thérèse, serva a raddolcirti, non potendo darti ancora, come primo miracolo, la forza di staccare completamente il tuo spirito dalla materia attraverso la virtù della meditazione, per rimetterlo soltanto in Dio!».

Come d’accordo, la mattina dopo alle cinque mi recai da Eradice. La trovai con un libro in mano, in preghiera.

«Il sant’uomo sta per arrivare» mi disse, «e Dio con lui. Nasconditi in questo stanzino, da dove potrai vedere e sentire fino a che punto la bontà divina ha voluto andare incontro a una sua vile creatura attraverso i pii sogni del nostro direttore».

Un istante dopo qualcuno bussò leggermente alla porta. Mi rinchiusi nello stanzino di cui Eradice prese la chiave. Un buco largo come una mano che era nella porta di questo stanzino, coperto da una vecchia tappezzeria di Bergamo assai trasparente, mi permetteva di vedere liberamente la camera tutta intera senza correre il rischio di essere vista.

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