Dic 082014
 

Davvero Monsieur, volete che io scriva la mia storia? Volete che vi racconti dei rapimenti mistici di Mademoiselle Eradice con il reverendissimo Padre Dirrag; che vi metta a conoscenza delle avventure di Madame C… e dell’Abate T…? Voi chiedete a una ragazza che non ha mai scritto, dei dettagli per i quali occorre una buona conoscenza di certe materie. Desiderate una descrizione nella quale le scene che vi racconterò e quelle di cui siamo stati i protagonisti non perdano nulla della loro lascivia; che i ragionamenti metafisici conservino tutta la loro solidità? Davvero, mio caro Conte, credo che questo sia al di sopra delle mie forze. Eradice, del resto, è stata mia amica, e Padre Dirrag il mio direttore spirituale; a Madame C… e all’Abate T… devo molta riconoscenza… Dovrò dunque tradire la confidenza di persone verso le quali ho dei grandissimi obblighi? Infatti sono le azioni degli uni e le sagge riflessioni degli altri che, per gradi, mi hanno aperto gli occhi sui pregiudizi della mia giovinezza. Ma, ribattete voi, se l’esempio e il ragionamento hanno fatto la vostra felicità, perché non fare in modo di contribuire a quella altrui per la stessa via, appunto attraverso l’esempio e il ragionamento? Perché aver paura di mettere su carta cose vere, che possono tornare utili al bene della società? E sia! mio caro benefattore, non oppongo più alcuna resistenza: scriviamo. La mia inesperienza mi detterà uno stile che i pensatori giudicheranno forse troppo scarno; e in quanto agli sciocchi, li temo poco. No, voi non otterrete mai un rifiuto dalla vostra dolce Thérèse: conoscerete tutti i cantucci del suo cuore fin dalla più tenera infanzia. La sua anima vi si schiuderà interamente nei dettagli delle piccole avventure che l’hanno condotta, quasi suo malgrado, pian piano al colmo della voluttà.

Imbecilli mortali! Pensate di essere capaci di comprendere le passioni che la Natura ha posto dentro di noi, ma esse sono opera di Dio. Volete distruggere queste passioni, restringerle in angusti confini. Uomini insensati! Pretendete di essere dei secondi Creatori, più potenti del primo? Non vi accorgerete mai che tutto è ciò che deve essere e che tutto è bene, che tutto è di Dio e niente vostro? Che creare un pensiero è altrettanto difficile che creare un braccio o un occhio? Il corso della mia vita è una prova inconfutabile di queste verità.

Fin dalla prima infanzia non mi hanno parlato che di amore per la virtù e di orrore per il vizio.

«Non sarai mai felice», mi dicevano, «se non quando praticherai le virtù cristiane e morali. Tutto quello che se ne discosta è vizio; il vizio ci attira il disprezzo e il disprezzo genera l’onta e i rimorsi che ne sono il seguito». Persuasa della validità di questi insegnamenti, ho cercato di agire bene fin verso i venticinque anni, di comportarmi secondo questi princìpi: andiamo a vedere come ci sono riuscita.

Sono nata nella provincia di Vencerop. Mio padre era un buon borghese, proprietario di un negozio a …, cittadina graziosa, dove tutto ispira la gioia e il piacere, e la galanteria sembra formarvi tutto l’interesse della società. Si ama soltanto ciò che si pensa, e non si pensa che a facilitarsi i mezzi per gustare le dolcezze dell’amore. Mia madre, che era di …, aggiungeva alla vivacità di spirito delle donne di questa provincia, vicina a quella di Vencerop, il gioioso temperamento di una venceropale. Mio padre e mia madre vivevano di una modesta rendita e del profitto del loro piccolo commercio: i loro sforzi non erano riusciti a cambiare lo stato della loro fortuna. Mio padre manteneva una giovane vedova che viveva lì nei pressi e ne aveva fatto la sua amica; mia madre, a sua volta, era mantenuta dal suo amante, un gentiluomo molto ricco che aveva la bontà di onorare mio padre della sua amicizia. Tutto procedeva con ordine ammirevole: non si sapeva se simpatizzare per gli uni o per gli altri, e mai ménage fu più unito. Dopo dieci anni trascorsi in un compromesso così lodevole, mia madre restò incinta e diede alla luce me. La mia nascita le lasciò un’invalidità più temibile per lei della morte stessa: uno sforzo durante il parto le causò una lacerazione che la mise nella dura necessità di rinunciare per sempre a quei piaceri che mi avevano fatta nascere. Ogni cosa cambiò nella mia casa paterna. Mia madre divenne devota: il padre guardiano dei cappuccini rimpiazzò le visite del Marchese di …, che fu congedato. Il fondo di tenerezza di mia madre non fece che cambiare oggetto, facendole donare a Dio per necessità ciò che aveva donato al Marchese per piacere e per temperamento.

Mio padre morì mentre ero ancora nella culla e mia madre, non so per quale ragione, decise di stabilirsi a Volnot, famoso porto di mare. Dalla donna più galante diventò la più saggia e probabilmente la più virtuosa che sia mai esistita.

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