Gen 302017
 

OLMANCÉ: Bene, angioletto, ti sei convertita? Hai smesso di credere che la sodomia è un crimine?

EUGÉNIE: E anche se esistesse un solo crimine a questo mondo, cosa m’importa? Non m’avete dimostrato l’inconsistenza dei crimini? Sono proprio pochissime quelle azioni che possono sembrarmi ancora criminose.

DOLMANCÉ: Cara figliola, a questo mondo non esiste nessun crimine in senso assoluto; anche l’azione più mostruosa non ha forse un suo risvolto che può apparire positivo?

EUGÉNIE: E chi ne dubita?

DOLMANCÉ: E allora una simile azione non è un crimine; per considerare criminoso ciò che è utile a una persona e contemporaneamente danneggia un’altra, bisognerebbe dimostrare che la persona lesa è più preziosa alla natura di quella che ne ha tratto un’utilità: essendo tutti gli individui uguali secondo natura, non può esserci una preferenza. Quindi un’azione utile a una persona e dannosa a un’altra è perfettamente indifferente per la natura.

EUGÉNIE: Ma se l’azione danneggiasse un enorme numero d’individui, pur apportando a noi una leggerissima parte di piacere, non sarebbe spaventoso in tal caso metterla in pratica?

DOLMANCÉ: Per niente, dato che non esiste alcun rapporto tra quanto provano gli altri e quel che sentiamo noi; il dolore più grande provocato ad altri non deve interessarci minimamente, mentre ci riguarda anche la più vaga idea di piacere che possiamo provare. A qualunque prezzo dobbiamo insomma preferire questa vaga idea che ci diletta a questa immensità di malanni altrui che non ci riguarderebbe. Ma se capita, al contrario, che la singolarità dei nostri organi e una macchinazione bizzarra ci rendono piacevoli i dolori del prossimo, tanto da procurarli spesso, chi mette in dubbio che allora noi dobbiamo incontestabilmente preferire questo dolore altrui che ci diverte all’assenza di esso che determinerebbe per noi una privazione? La fonte di tutti i nostri errori in campo morale deriva dalla ridicola ammissione di quel filo di fraternità che inventarono i cristiani nel loro secolo di sventura e di disperazione. Costretti a mendicare la pietà altrui, non ci voleva molto per loro stabilire che erano tutti fratelli. Come rifiutare l’aiuto partendo da questo principio? Ma è impossibile sostenere una simile dottrina! Non nasciamo tutti isolati? Dirò di più; non siamo nemici gli uni degli altri, in uno stato di guerra perpetua e reciproca? E sarebbe possibile tutto ciò se esistessero realmente in natura certe virtù supposte da questo preteso filo di fraternità? Se la sua voce le ispirasse veramente agli uomini, essi le sentirebbero dentro se stessi, fin dalla nascita. Fin da allora, la pietà, la beneficenza, l’umanità sarebbero virtù naturali, da cui sarebbe difficile allontanarsi e che renderebbero lo stato primitivo dell’uomo selvaggio totalmente contrario a quello che noi constatiamo.

EUGÉNIE: Ma se la natura, come dite voi, fa nascere gli uomini isolati, del tutto indipendenti gli uni dagli altri, mi concederete almeno che le necessità, avvicinandoli, hanno stabilito necessariamente alcuni legami fra loro; a esempio quelli di sangue nati dalla loro reciproca alleanza, quelli dell’amore, dell’amicizia, della riconoscenza. Spero che, almeno questi, li rispetterete!

DOLMANCÉ: Non più degli altri, in verità; ma, sia pure, analizziamoli, Eugénie, con un rapido esame su ognuno. Per esempio direte che il bisogno di sposarmi, o per veder seguitare la mia razza o per incrementare la mia fortuna, deve comportare legami indissolubili o benedetti con l’oggetto al quale io mi unisco! Ma non sarebbe, dico, una cosa assurda sostenere una cosa simile? Finché dura l’azione del coito, posso logicamente aver bisogno di questo oggetto per parteciparvi, ma non appena esso è stato soddisfatto, cosa resta, dunque, tra lui e me? che obbligo reale incatenerà a lui o a me gli effetti di questo coito? Certe unioni non sono che il risultato della paura che ebbero i genitori d’essere abbandonati nella vecchiaia, i quali mostrano tante attenzioni verso di noi quando siamo piccoli solo perché sono interessati a meritarsi in seguito le stesse attenzioni quando loro sono anziani. Smettiamo di esser vittime di tutto questo! Non dobbiamo nulla ai nostri genitori… nemmeno la minima cosa, Eugénie, e siccome loro si sono dati da fare più per se stessi che per noi, possiamo detestarli e anche toglierli di mezzo, se il loro modo di fare ci irrita. Dobbiamo amarli solo se si comportano bene con noi e questa tenerezza non deve essere maggiore di quella che noi avremmo con altri amici, perché i diritti di nascita non stabiliscono nulla, non obbligano a nulla, ed esaminandoli con saggezza e riflessione non ci troveremo sicuramente che ragioni di odio per quanti, non pensando che ai loro piaceri, non ci hanno dato spesso che una esistenza disgraziata o malsana.

Mi parlate di legami in amore, Eugénie; possiate non conoscerli mai! Un tale sentimento non entri mai nel vostro cuore, se volete essere felice! Cos’è l’amore? Mi sembra chiaro che non lo si può considerare altro che l’effetto risultante dalle qualità di un bell’oggetto su di noi: certi effetti ci trasportano, c’infiammano! Se noi possediamo quell’oggetto, siamo contenti; se non è possibile averlo, piombiamo nella disperazione. Ma qual è la base di questo sentimento?… il desiderio. Quali le conseguenze?… la follia. Atteniamoci dunque al motivo, restando lontanissimi dagli effetti. Il motivo è possedere l’oggetto: ebbene, vediamo di riuscirci, ma con saggezza; godiamone dal momento che lo possediamo, consoliamoci in caso contrario. Mille altri oggetti simili, e spesso migliori, ci consoleranno della perdita di quello; tutti gli uomini e le donne si rassomigliano; non c’è amore che resista agli effetti di una sana riflessione. Che inganno questa ebbrezza che, assorbendo in noi il risultato dei sensi, ci mette in uno stato tale che non capiamo più nulla e non esistiamo che per questo oggetto adorato follemente! Significa vivere? O piuttosto privarsi volontariamente di tutti i piaceri della vita? O ancora esser presi da una febbre ardente che ci assorbe e ci divora senza concederci altri piaceri se non quelli metafisici tanto simili agli effetti della follia? Se dovessimo amare sempre quell’oggetto adorabile, se fosse certo che non l’abbandonassimo mai, potrebbe sempre essere una stravaganza certamente, ma perlomeno scusabile. Succede forse? Esistono forse numerosi esempi di legami eterni che non si sono mai spezzati? Qualche mese di piacere, con l’oggetto rimesso poi al suo posto, basta a farci ardere con l’incenso che abbiamo bruciato sui suoi altari, e spesso non riusciamo nemmeno a renderci conto di come abbia potuto sedurci a tal punto.

Fanciulle voluttuose, concedete il vostro corpo quanto potete! Fottete! Divertitevi, questo è l’essenziale, ma evitate attentamente l’amore. Non ha di buono che il suo aspetto fisico, diceva il naturalista Buffon, e non solo in questo ragionava da buon filosofo. Lo ripeto, divertitevi, ma non amate mai! Non rovinatevi l’esistenza; non serve a nulla estenuarsi in lamenti, sospiri, occhi e biglietti languidi! Bisogna fottere, bisogna moltiplicare e cambiare spesso fottitori, bisogna soprattutto che vi opponiate fortemente a chiunque voglia sottomettervi, perché il fine di questo costante amore sarebbe quello di impedire, tenendovi legata a lui, che vi concediate a un altro, egoismo crudele che presto diventerebbe fatale per i vostri piaceri. Le donne non sono fatte per un solo uomo: è per tutti che le ha create la natura. Ascoltando solo questa sacra voce, si concedano pure a tutti quelle che le vorranno! Sempre puttane, mai amanti! Fuggendo l’amore e adorando il piacere, sul sentiero della vita coglieranno soltanto rose e solo di fiori saranno prodighe verso di noi! Domandate, Eugénie, domandate alla donna meravigliosa che si è incaricata di educarvi quale importanza si debba dare a un uomo dopo averne tratto un godimento. (A voce bassissima per non essere sentito da Augustin:) Domandatele se muoverebbe un dito per legarsi tutta la vita a quell’Augustin che in questo periodo le procura piacere. Se volesse toglierselo di mezzo, se ne prenderebbe un altro, non penserebbe più a questo, e presto stanca del nuovo arrivato lo pianterebbe nel giro di due mesi, se da questa separazione dovessero nascere per lei nuovi piaceri.

SAINT-ANGE: Carissima Eugénie, stai pur certa che Dolmancé ti ha rivelato il mio cuore, che è poi quello di tutte le donne, come se glielo avessi spalancato.

DOLMANCÉ: L’ultima parte della mia analisi riguarda dunque i legami dell’amicizia e della riconoscenza. Rispettiamo i primi, d’accordo, ma finché sono utili; guardiamoci dagli amici quando non ci sono utili, dimentichiamocene dal momento che non ne ricaviamo più nulla: bisogna amare la gente solo per il nostro vantaggio! Amarli per il loro bene non è che un inganno. La natura non può mai ispirare agli uomini passioni e sentimenti diversi da quelli che devono loro essere utili a qualcosa; nulla è egoista come la natura; siamolo anche noi dunque, se vogliamo seguire le sue leggi. Quanto alla riconoscenza, Eugénie, è il più debole legame di questo mondo. Gli uomini ci procurano forse dei piaceri per il nostro bene? Ma non pensiamoci proprio, mia cara! È per ostentazione, per orgoglio. E allora non è umiliante diventare zimbello dell’altrui amor proprio? Non lo è ancor di più dell’essere obbligato? Niente di più seccante di un beneficio ricevuto. Non c’è via di scampo: bisogna restituirlo o si fa una ben magra figura. Le anime fiere non sopportano un beneficio; è un peso così insopportabile per loro che l’unico sentimento che esse provino è di odio verso il benefattore. Quali sono dunque, secondo voi, i legami che suppliscono all’isolamento in cui la natura ci ha creati? Quali sono quelli che devono stabilire dei rapporti tra gli uomini? A che titolo li ameremo, li vezzeggeremo, li preferiremo a noi stessi? Con che diritto placheremo un loro dolore? A che approderà nei nostri animi il conforto delle vostre belle e inutili virtù di beneficenza, umanità e carità, indicate nel fine assurdo di qualche religione imbecille e che, predicate da impostori o accattoni, continuano immancabilmente a consigliare quanto potrebbe sostenerle o renderle tollerabili? Allora, Eugénie, riterrete ancora che esiste qualcosa di sacro tra gli uomini? Avete qualche motivo per non essere ormai d’accordo per sempre con noi?

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