Lug 042016
 

Io, che non avevo intenzione di proseguire a lungo quel gioco e mossa dalla curiosità, ero soddisfatta, malgrado la tentazione fosse lì a fissarmi dritta in faccia, per aver sollevato quell’albero della cuccagna alla quale un’altra vi avrebbe appeso volentieri una ghirlanda. Il desiderio fiammeggiava negli occhi di Louisa, così le feci spazio e la incoraggiai, visto che non aspettava altro, a prendere in mano la situazione, promettendole di rimanere per garantire che tutto proseguisse alla perfezione: in realtà, volevo un’altra volta assecondare la mia curiosità e vedere che aspetto avrebbe dato la natura al sempliciotto durante il corso dell’operazione.

Louisa, il cui desiderio si era ormai risvegliato, si comportava come un’ape industriosa mai stanca di raccogliere il frutto di un fiore così raro, seppur piantato in un letamaio, ed era pronta a trarre beneficio dalla mia rinuncia. Spinta dall’ardore delle sue voglie e dietro mio incoraggiamento, si decise a mettere alla prova quel giovanotto che era pronto a soddisfare i suoi scopi dopo tutte le stimolazioni di cui ci eravamo servite per mettere in moto i principi del piacere e per dar carica alle molle di quell’organo, dritto e turgido, pronto a scoppiare del sangue e degli spiriti che lo animavano… No! Mai potremmo dimenticarlo!

Louisa prese in mano quel bel manico che le si offriva in modo così invitante e condusse il giovane verso il letto, camminando a ritroso e tirandolo per il suo arnese. Lui la seguì gioioso, incitato dal suo istinto e palpabilmente guidato dal pungolo del desiderio.

Si fermarono vicino al letto e lei cadde nel modo che più le garbava, piegandosi al massimo sulla schiena, tenendo stretto ciò che aveva fra le mani e assicurandosi di sollevare con cura i propri vestiti, di modo che le sue cosce fossero aperte e sollevate per mostrare il tesoro dell’amore. L’apertura delle sue labbra rosee era così evidente che neanche uno stolto avrebbe potuto mancarla. E così non fece: Louisa, impaziente di appagare i suoi istinti e preoccupata forse di un possibile ritardo o di un fallimento, condusse con sicurezza l’arnese che ancora aveva in mano e lo avvolse con la rabbia di un desiderio vorace per incontrare o favorire le spinte della penetrazione tanto da giungere ben presto allo scopo. Louisa provò un tale dolore che urlò con violenza, come se fosse stata ferita oltre ogni limite di sopportazione, anzi addirittura ammazzata. Ma era ormai troppo tardi: la tempesta era scoppiata e la sua forza si scatenò su di lei. L’uomo macchina, in balia di una vigorosa passione sensuale, sentì il suo vantaggio, la sua superiorità, e le fitte di piacere, talmente intollerabili da farlo impazzire, assunsero un carattere furioso, che mi fece temere per la povera Louisa. Sembrava, a quel punto, fuori di sé. Il suo viso, prima così vuoto e privo d’espressione, aveva ora assunto l’importanza adeguata all’atto. Non era certo il caso di prenderlo per uno sciocco! Fui piacevolmente intimorita dall’aria terribile e avvenente di cui era rivestito in quel momento: i suoi occhi erano colmi di fuoco, il suo volto brillava di un ardore che gli dava nuova vita, digrignava i denti, il corpo agitato in un’impetuosità ingovernabile tradito dalla formidabile fierezza con cui l’istinto geniale lo guidava. Colpendo e sfinendo ciò che si trovava davanti, pazzo e selvaggio come un toro infuriato, penetrò il tenero solco, indifferente ai lamenti di Louisa. Niente poteva fermarlo, niente avrebbe potuto trattenere la sua furia. Dopo aver infilato la testa, la rabbia cieca aprì la strada al resto, trafiggendo, lacerando e superando qualsiasi ostacolo. La povera ragazza, ferita e consumata, piangeva, lottava, invocava il mio aiuto, tentava di liberarsi dalla presa di quel giovane selvaggio, ma ahimè, invano! Il suo fiato avrebbe potuto placare quel rude assalto o allontanarlo, ma tutti i suoi sforzi furono talmente disordinati che servirono solo a intrappolarla più in fretta tra quelle braccia imponenti. Era dunque legata al palo, obbligata a combattere fino alla fine, anche a costo della vita. La passione animale del giovane, guidato solo dall’istinto, aveva qualcosa di feroce e si alternava a baci e morsi voraci sulle guance e sul collo, che di certo avrebbero lasciato il segno per alcuni giorni.

La povera Louisa resistette però più di quanto si aspettasse: nonostante avesse ampiamente sofferto per la buona vecchia causa, aveva sofferto con piacere e aveva goduto di quel dolore. E così, grazie a una forza furiosa, la macchina bruta, come un turbine, riprese il suo cammino, spostandosi ora verso l’alto, più che poteva, non dandole più adito di temere o desiderare altro. Così:

Ingozzati col boccone più dolce della terra (Shakespeare)

Louisa fu ampiamente soddisfatta, appagata in ogni fibra del suo corpo, tesa fino quasi a rompersi, e giacque in un nembo di gioia, mentre lo strumento di quell’appagamento provocava i suoi sensi con il suo dolce eccesso.

Il piacere alla fine ebbe la meglio su di lei, la colse così nel profondo che, stimolata dalla rabbia di quel cavaliere furioso e condividendone l’estasi selvaggia, si concentrò completamente sulla parte preferita del suo corpo, focosamente riempita e usata. Era lì, persa in un trasporto delirante, nell’estasi dei sensi espressa con intensità dai suoi occhi luccicanti, dall’acceso vermiglio delle labbra e delle gote, dai sospiri di piacere che nascevano dal profondo. Era ormai una macchina, che lavorava e non controllava più i propri movimenti, come anche quel sempliciotto che, piegato su di lei, le fece provare l’impetuoso ardore con cui la urtava con il suo manico. Le loro reni fremettero ancora alla violenza di quel conflitto, finché all’apice del trasporto, veemente e schiumoso, una doccia perlacea fu sparsa per placare l’uragano. Quello stolto così sensibile versò lacrime di gioia per quegli ultimi istanti, non privi dell’agonia della voluttà, e quasi ruggì di piacere quando il fiotto fuoriuscì; e Louisa, altrettanto sensibilmente, gli tenne compagnia nell’esplosione con i sintomi consueti, in un delizioso delirio, un sussulto straordinario e convulsivo e quell’ultimo e cruciale oh! E mentre lui usciva, lei giacque stremata da quel godimento, straripante delle sue essenziali delizie. Sfinita, ancora ansimante, non provava altre sensazioni vitali se non quelle squisite vibrazioni sulle corde del piacere, che erano state toccate con tale intensità e che la natura aveva suonato con tanta maestria, che i sensi non trovarono facilmente pace.

Per quanto riguarda quel sempliciotto, la cui curiosa arma era stata usata con tanto successo, aveva ora un aspetto e una gestualità stramba, quasi tragicomica: se ne stava lì, con il simbolo della sua virilità moscio e flaccido a penzoloni quasi fino a metà coscia, terribile anche nella sua caduta, con un’aria triste e stupida, unita a quella naturale, vacua e sciocca. Ne seguì, come è ovvio, una stanchezza dello spirito e delle carni e i suoi occhi, a turno, si posarono sul suo stendardo arreso e poi pietosamente su Louise; sembrava volesse riprendere da quelle mani ciò che aveva e che ora gli mancava. Il vigore della natura ben presto tornò, dissipando quella debolezza impostagli dalle leggi comuni della voluttà. Di nuovo la cesta fu il suo primo pensiero, così gliela porsi mentre Louisa si ricomponeva. Gli fece ancora più piacere quando ella prese tutti i suoi fiori pagandolo quanto doveva, poiché l’avrebbe forse imbarazzato con un regalo che non sarebbe stato in grado di giustificare e di cui altri si sarebbero presto potuti incuriosire.

Non so se sia mai tornata all’attacco e, a dir la verità, credo di no. Soddisfò quel capriccio e immerse la sua curiosità in un eccesso di piacere che, come accadde, non ebbe altre conseguenze. Il giovane, che conservò soltanto un ricordo confuso di quel momento, presto l’avrebbe dimenticata per i favori di un’altra donna, tentata da ciò che si narrava su di lui. Louisa, dopo questa avventura, non rimase a lungo dalla signora Cole (alla quale badammo bene di non raccontare nulla, almeno non fin quando il timore per le conseguenze non fosse svanito): le si presentò l’occasione di dimostrare la sua passione a un giovane, anche a discapito della sua correttezza. Prese tutti i suoi averi e con solo mezza giornata di preavviso se ne andò con lui all’estero; la persi di vista e mai più mi capitò di ricevere sue notizie.

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